La giustizia dei consumatori

Ricordate il “Caso Mayer”? Ricordate l’eco ottenuta nella blogosfera da un suo post nel quale raccontava la sua insoddisfazione di cliente dell’azienda Ediprint? In quell’occasione ho scritto che in America queste cose succedono quasi ogni giorno e con toni molto più aspri. Eccone un valido e recentissimo esempio: il blogger noto con lo pseudonimo “Thomas Hawk” è un cliente del negozio on line PriceRitePhoto.com. Hawk cura un blog intitolato Digital Connection dove pubblica una dura critica nei confronti PriceRitePhoto denunciando comportamenti scorretti da parte dei venditori al soldo del negozio on line. In poche ore si scatena il finimondo:

le visite di Digital Connection passano da 5 a 125mila giornaliere; si moltiplicano le testimonianze di altri clienti PriceRitePhoto altrettanto insoddisfatti; il sito del negozio subisce vari attacchi fra cui virus e Denial of Service e subisce persino l’onta di venir cancellato dalla lista di Yahoo! Shopping, dove aveva un rate pari a 4 stelle su 5. Il pandemonio causa all’azienda “milioni di dollari di danni” secondo Howard Baker, manager PriceRitePhoto, che promette azioni legali. Altri, come Pete Blackshaw di Intelliseek, sentenziano: “Viviamo ormai in una società di consumatori vigili dove qualsiasi malefatta viene resa di dominio pubblico presso un audience sempre più grande”. Si tratta insomma di una “nuova era della responsabilità” aziendale nei confronti della clientela. Ha ragione Shankar Gupta quando chiude il suo pezzo su questa storia scrivendo: “These days, things are a bit different: Caveat venditor–let the seller beware”. Rifletteteci.

Per saperne di più:

– Online Media Dailly: “Consumer Generated Justice: blogger sidelines e-commerce site

3 pensieri su “La giustizia dei consumatori

  1. Avatar di SconosciutoAnonimo

    Caro Keper,

    Credo che esista questa possibilità ma credo anche nella capacità della comunità on line di “filtrare” le critiche e gli attacchi strumentali di eventuali blogger “Ricattatori” o, peggio, pagati da aziende concorrenti.

    Certo, questo “filtro” non è a prova di bomba e da solo non può bastare: le aziende, dal canto loro, devono comprendere appieno l’importanza delle “conversazioni” in corso nella blogosfera, imparare a seguire quelle che le riguardano da vicino, intervenire laddove subiscono attacchi e, se hanno la coscienza a posto, replicare colpo su colpo con risposte credibili, sincere e documentate. Oppure, come suggerisce Giuseppe, chiedere onestamente scusa.

    Nel post ho citato Mayer ed è giusto ricordare che l’azienda da lui chiamata in causa, la Ediprint, dopo un iniziale disorientamento ha reagito aprendo un blog e cercando di parlare nella stessa lingua di chi gli chiedeva spiegazioni. Un esempio che merita attenzione.

    Del resto è solo una questione di tempo e altri “casi PriceRitePhoto” vedranno la luce anche in Italia: il cliente, infatti, è sempre meno isolato e sempre più parte di una enorme comunità virtuale con la quale condivide esperienze positive e negative. Quando lo fa, migliaia di altre voci si sollevano per unirsi alla sua o contraddirla, e se l’azienda di cui parla manca all’appello, corre davvero un grave rischio.

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  2. Avatar di KeperKeper

    La cosa di per sè sarà anche bella, potrebbe, però, esserci il rischio che qualcuno si organizzi e ne approfitti per ricatto.
    Cosa ne pensi?

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  3. Avatar di Giuseppe MayerGiuseppe Mayer

    Non conoscevo questa storia, ma effettivamente mi pare che presenti alcuni eccessi.

    Per “punire” una azienda che non rispetta i suoi clienti basta emarginarla e togliere la benzina (gli ordini, i clienti etc) senza alcuna azione di “attacco” o similia.

    A mio modo di vedere è un eccesso anche la paura “opposta”, ovvero il timore che clienti organizzati finiscano per “ricattare” le imprese.

    Se un impresa è sana, vale i suoi clienti, allora ha nei suoi clienti la forza per rispondere a critiche ingiustificate o tendenziose.

    Insomma, una critica, se si ha la coscienza apposto, non fa male e anzi, magari dimostrando capacità di ascolto e di risposta, le aziende possono utilizzare questi incidenti di persorso per rinforzare la propria immagine.

    Non c’è pubblicità migliore di una frase come “Scusate, abbiamo sbagliato, ma vogliamo rimediare.”

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