
Si è parlato e si parla in queste ore di un codice deontologico per i blogger. Condivido quanto detto da De Biase, Mantellini e Conti, solo per citare alcuni validi interventi sull’argomento. Per quel che mi riguarda mi limito a citare la mia personale esperienza: yoriah, ovvero il mio “alter-blogger”, si procura e verifica le notizie usando metodi e criteri propri del giornalismo, ma le restituisce ai suoi “25 lettori” seguendo le regole di una civile ed informale conversazione, basata su rispetto reciproco ed onestà intellettuale. Nulla di imposto o che, tanto meno, ritengo si possa imporre con un codice. Semplicemente, la summa di un’esperienza filtrata in rete attraverso il blog. Personalmente ritengo si possa fare del buon blogging anche rifacendosi ad uno solo di questi due sistemi di regole, mentre sono certo non si possa fare a meno di entrambi.
Se invece parliamo di corporate e business blogging, allora le cose cambiano, e di molto:
fatti salvi i principi già citati, subentra la necessità, diversa per ogni azienda, di stabilire un codice di comportamento condiviso dal blogger e dalla dirigenza. Una serie di “Dos e Dont” che garantisca l’equilibrato compromesso tra le necessarie onestà e libertà intellettuale del corporate blogger e la delicatissima gestione dell’immagine aziendale. In questo caso, il codice (policy) può essere lungo e argomentato oppure estremamente semplice e sintetico. In ogni caso deve essere condiviso con i lettori, magari anche discusso e implementato assieme a loro. Patti chiari, amicizia lunga.