Quando il piano editoriale è una ricerca di mercato

Populis, ex GoAdv, fondata da Luca Ascani e oggi guidata dal CEO Salvatore Esposito, è ormai un gigante europeo che fattura 58 milioni di euro e che, grazie alla recente acquisizione del blognetwork Mokono, vanta un pubblico pari a 40 milioni di utenti.

Leggo sull’ultimo Affari e Finanza:

Populis produce siti specializzati attingendo risorse dal popolo della rete con un approccio scientifico, spiega Salvatore Esposito, Ceo del gruppo: «Il punto di partenza è l’esperienza acquisita sui motori di ricerca, ottimi strumenti di analisi per conoscere gli interessi degli utenti. I contenuti dei nostri siti sono creati in base a un algoritmo che elabora i dati sulle parole chiave più cercate in rete e li combina con le possibilità di ottenere introiti dalla pubblicità. Quando è uscito l’iPhone 4, le testate tecnologiche si sono affrettate a scrivere recensioni: ma noi abbiamo scoperto che sui motori venivano cercate soprattutto informazioni sul clone cinese. Abbiamo colto l’opportunità di generare traffico pubblicando articoli su questo tema».

e poi ancora:

Insomma non sono i media a decidere gli argomenti ma gli utenti, seppur indirettamente, nel momento in cui lanciano una ricerca su Internet. E la pubblicità viene ricreata secondo questo nuovo parametro.

I grassetti sono miei. Quindi riassumendo:

– il contenuto come semplice leva per “sollevare” quanta più pubblicità sia possibile;
– il piano editoriale è definito da una ricerca di mercato;
– dare al popolo quello che chiede (in perfetto stile tv generalista) funziona anche sulla Rete, come confermano i numeri eccellenti di Populis.

Sono il solo a vedere il male – e in particolare la morte del giornalismo – in tutto questo?

a) sì, piantala di rompere le balle Jacona;
b) Forse (ma tu piantala lo stesso);
c) No perché… (e qui magari argomentare, grazie).

7 pensieri su “Quando il piano editoriale è una ricerca di mercato

  1. Stefano Vitta

    Seguire gli interessi dei possibili lettori anche monitorando le ricerche on line è sensato per una redazione. Diverso è creare gli articoli con una sorta di wizard che ha il solo obiettivo di costruire frasi sensate con le chiavi di ricerca necessarie.

    La stampa non ha ancora capito come sfruttare il suo ruolo di influencer nelle dinamiche on line e social. Il processo dovrebbe essere circolare tenendo conto anche del fatto che molte ricerche sono stimolate dalle notizie lette, non credi?

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  2. PiccoloSocrate

    Qualità signori, qualità non numeri.
    Ovvio che l’esempio di distinzione (se fatto con valore aggiunto all’informazione sul melafonino) fa sempre bene.
    E’ una scommessa, a loro piace vincere facile.

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  3. Alessio Jacona Autore articolo

    Stefano, quindi hai scelto la a) 😀

    Per rispondere alla tua domanda, credo che abbia senso monitorare gli interessi dei lettori e quando possibile andare loro incontro, ma allo stesso tempo temo sia pericoloso perché, volendo fare un paradosso, così facendo se a Repubblica.it si lasciassero prendere la mano – dopo attenta valutazione costi/benefici – potrebbero tranquillamente buttare giù tutto e tenere solo la colonna dell’infotainment e il calcio.

    Il problema che pongo io è – banalmente – che la definizione di un piano editoriale è un processo complesso, articolato e che richiede competenze giornalistiche, mestiere, anche e soprattutto fiuto, oltre che una buona dose dati commerciali (la cui importanza resta certo innegabile).

    Se però la voce del marketing (oggi nella forma dell’analisi del serach) diventa preponderante, diventa il driver nella scelta dei contenuti, del tono, della scaletta, beh allora a mio avviso semplicemente non stiamo parlando di informazione come la intendo io, ma di un’altra cosa.

    Che di sicuro trova la sua ragion d’essere. Ma resta un’altra cosa.

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  4. Tecla Notti

    Sono d’accordo con te, Alessio. L’uso di comunicati scritti ad hoc per compiacere i motori di ricerca (seo) è una pratica comune per aumentare le visite al proprio sito. l giornali online non possono non tener conto di questa competizione quando scelgono un titolo. Ma questo a che fare con l’audience, ma non c’entra nulla con il contenuto. Il giornale, in tutte le sue forme, deve informare il lettore, raccontargli quello che non sa. Non meno avvilente è la ricorrenza del copia e incolla da una testata all’altra (ma questo forse succede già sulla carta con le agenzie stampa:)) o il fatto che sempre più spesso i giornalisti della carta, anzichè fare seriamente un’inchiesta, si limitino ad un collage di notizie trovate

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  5. Damiano

    Ciao
    cercavo appunto strumenti per cercare le parole chiave più cercate oltre quelli che uso come seo e mi son imbattuto in questo articolo. Da mesi scrivo art marketing basandomi sulle mie esigenze di posizinamento e mi imbatto in portali generalisti ed ecco che in uno c’erano 5 art dedicati allo shibari. Però non mi sembravano ad occhio informativi…per me si sta verificando un appiattimento dei contenuti della rete ed il principale artefice è google con il suo adwords e che per primo banna i suggest a contenuto adult!
    Ovviamente poi Populis fa bene il suo lavoro se le mie pagine fossero scritte in base all’algoritmo che incrocia in tempo reale volumi di ricerche e CPC alti sarei a cavallo.

    Damiano

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  6. Salvatore Esposito

    Ciao Alessio,
    io rispondo c) e argomento… :-).
    Nell’intervista ho stressato un concetto che in Populis tendiamo a stressare perchè spiega in che modo l’uso dei dati e un approccio tecnologico sia applicabile (io credo anzi sia assolutamente necessario) anche in un’azienda “media” moderna.
    Ma detto questo in Populis lasciamo ampia libertà alle redazioni dei nostri blog network che scrivono di news. Ti invito a chiedere a uno qualsiasi dei blogger di Blogo o Blogosfere se li “costringiamo” a scrivere su un argomento piuttosto che su un altro.
    Quindi anche noi come “La Repubblica” o altri, siamo consapevoli che rimane necessaria l’indipendenza della redazione di un sito di news o di approfondimento giornalistico.
    Discorso diverso è invece l’informazione di tipo “evergreen” dove si tende a dare risposte ad argomenti ricorrenti che riscuotono un interesse di visitatori per un periodo molto lungo (es. come fare un tiramisù alle fragole, come imballare un bagaglio che si imbarca in aereo per evitare furti…). E’ chiaro che tra milioni di risposte che cercano gli utenti nella rete, in questo caso si tende a privilegiare gli argomenti che attraggono un maggior numero di ricerche da parte degli utenti e un maggior interesse pubblicitario. E come un editore che decide se fare una rivista di arredamento piuttosto che di cucina per intenderci, ma esploso su migliaia e migliaia di nicchie di mercato.
    Spero di essere stato utile a chiarire il concetto.
    Buona Domenica 😉

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  7. Marco Dal Pozzo

    Io rispondo c*, ovvero una variante alla c. Perche’ io non direi: “No perche'”…ma…

    “No ma” se si cominciasse a pensare a quella editoriale come ad una impresa non piu’ quotata sul mercato ma con finalita’ sociali le cose potrebbero cambiare…ci sarebbe da fare un completo cambio di paradigma ma, avendo riconosciuto [e, mi auguro, condiviso] il ruolo sociale del giornalismo, non si puo’ che cercare una strada, per l’appunto, ispirata al sociale.

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