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La tecnologia “po esse fero e po esse piuma”

Domani sarò ospite di Eta Beta (dalle 11.30) per parlare del CES di Las Vegas. Nel presentare su Linkedin la puntata, Massimo Cerofolini inizia scrivendo: “Prepariamoci. Presto avremo una copia virtuale di noi stessi che si muove nei nuovi paesaggi digitali del Metaverso”. I commenti preoccupati che il suo post ha generato, mi hanno spinto a condividere nei commenti le seguenti osservazioni.

Nota bene: “prepariamoci”, come scrive Massimo Cerofolini, non significa “alziamo barricate contro il progresso disumanizzante, diamo fuoco ai server dei big tech, scendiamo in piazza contro il Metaverso, e dove andremo a finire signora mia” ecc. ecc, come a qualcuno piacerà sicuramente pensare.

Significa piuttosto “restiamo consapevoli, informati, aggiornati”. Perché il progresso tecnologico è inarrestabile, i cambiamenti arrivano e arriveranno che noi lo si voglia o no, e se davvero vogliamo restare umani, e vogliamo che le innovazioni siano “umano-centriche”, di questo progresso dobbiamo essere parte attiva e consapevole.

La tecnologia in sé non è il problema. Il problema è quali obiettivi ci vogliamo dare come specie, quale futuro vogliamo costruire come umanità. Una volta stabilito questo, insieme, allora ogni strumento, tecnologico e non, potrà essere asservito a perseguire gli obiettivi. Se invece non lo facciamo, allora saranno gli strumenti che usiamo a plasmare noi e la nostra società in modi imprevedibili, e la colpa sarà solo nostra.

La realtà virtuale (il Metaverso a cui consente di accedere), ad esempio, “po esse fero e po esse piuma”, può servire ad espandere le nostre percezioni e – scopriamo dal CES2022 – forse in futuro ci consentirà di gestire robot a distanza come fossero avatar nel mondo fisico. Oppure, al contrario, potrebbe essere utilizzata per isolarci, manipolarci e controllarci come una versione sotto steroidi del 1984 di Orwell.

Quale delle due ipotesi prenderà infine forma, è un problema culturale, sociale e politico, quindi squisitamente nostro. Di tutti. Ed è ora, oggi, che dobbiamo esigere come comunità di poter scegliere, di poter indirizzare l’uso di queste tecnologie (oggi definito da pochi oligarchi miliardari) verso il bene. Prima che sia troppo tardi.

Il resto sono chiacchiere.