Se qualcuno dovesse chiedermi quale sia l’innovazione più inattesa e intrigante vista al CES 2022, non avrei difficoltà a rispondere “Il trattore autonomo John Deere 8R”.
Un gigante da 18 tonnellate che se ne scorrazza tranquillo lungo gli sterminati campi coltivati americani, grazie a una combinazione tra telecamere stereo (cioè che replicano la visione umana), Intelligenza artificiale, tecnologia GPS, connessione mobile, sistemi per la semina ad alta precisione.
Un pezzo del futuro di un settore, l’agricoltura, ad altissima richiesta di innovazione, sempre in cerca di soluzioni hi-tech orientate a risolvere tre problemi principali: ridurre la fatica degli agricoltori, aumentare la produttività dei terreni in vista dell’esplosione demografica, ridurre l’impatto ambientale in ogni sua forma.
Quando l’industria automotive, la robotica e il metaverso si incontrano, nasce la Metamobilità. O almeno così dice Hyundai, che al CES di Las Vegas ha svelato la sua strategia intitolata “Expanding Human Reach”, dove la robotica agirà come mezzo per collegare il mondo virtuale e quello reale, plasmando e trasformando la mobilità del futuro in ogni sua accezione. Compresa quella degli oggetti, per cui Hyundai ha coniato la definizione Mobility of Things (MoT).
L’idea, almeno sulla carta è molto interessante: in un mondo iperconnesso, i robot potrebbero dunque diventare i nostri avatar nel mondo fisico, da guidare a distanza ovunque ci troviamo, una volta entrati nel Metaverso. Facciamo un esempio: vi trovate in viaggio, lontano dalla vostra casa, ma dovete dare da mangiare al gatto; nella visione di Hyundai, un domani potrete accedere a una perfetta copia digitale della vostra casa nel metaverso, dove prendere il controllo di un robot capace nutrire e abbracciare il vostro animale domestico, magari dall’altra parte del mondo.
E se tutto questo può già sembrare incredibile, non è che l’inizio: Hyundai ha infatti presentato anche le sue piattaforme modulari Plug & Drive (PnD che) e Drive & Lift (DnL), soluzioni all-in-one per la Mobility of Things (MoT), che utilizzano sensori LiDar e telecamere per leggere l’ambiente e muoversi in esso. Insieme, esse possono essere utilizzate per rendere mobili (e quindi anche comandabili a distanza tramite il Metaverso) oggetti normalmente inanimati, dai piccoli manufatti, ai mobili.
Hyundai immagina che queste soluzioni vengano utilizzate in futuro ad esempio per agevolare il movimento delle persone con disabilità, per automatizzare la logistica, persino per creare spazi interni riconfigurabili (ad esempio con mobili e sedie che si muovono e spostano per soddisfare ogni necessità).
Non sembra male, e potrebbe essere un uso del Metaverso diverso e molto più utile da quello prospettato da Zuckerberg, che proprio di recente ha riportato in auge questo termine evocando una (per molti versi) agghiacciante versione 3D del suo Facebook.
Staremo a vedere: intanto sarebbe bene che tutti fossimo vigili, il più possibile informati e accorti nell’uso delle nuove tecnologie di cui disponiamo e di quelle che verranno. La tecnologia è uno strumento: a fare la differenza è il modo in cui la mettiamo a frutto, che a sua volta dipende da quali valori ci diamo, quali regole, ma anche e soprattutto da che tipo di società vogliamo diventare, da come ci immaginiamo fra dieci, venti o cinquant’anni.
Domani sarò ospite di Eta Beta (dalle 11.30) per parlare del CES di Las Vegas. Nel presentare su Linkedin la puntata, Massimo Cerofolini inizia scrivendo: “Prepariamoci. Presto avremo una copia virtuale di noi stessi che si muove nei nuovi paesaggi digitali del Metaverso”. I commenti preoccupati che il suo post ha generato, mi hanno spinto a condividere nei commenti le seguenti osservazioni.
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Nota bene: “prepariamoci”, come scrive Massimo Cerofolini, non significa “alziamo barricate contro il progresso disumanizzante, diamo fuoco ai server dei big tech, scendiamo in piazza contro il Metaverso, e dove andremo a finire signora mia” ecc. ecc, come a qualcuno piacerà sicuramente pensare.
Significa piuttosto “restiamo consapevoli, informati, aggiornati”. Perché il progresso tecnologico è inarrestabile, i cambiamenti arrivano e arriveranno che noi lo si voglia o no, e se davvero vogliamo restare umani, e vogliamo che le innovazioni siano “umano-centriche”, di questo progresso dobbiamo essere parte attiva e consapevole.
La tecnologia in sé non è il problema. Il problema è quali obiettivi ci vogliamo dare come specie, quale futuro vogliamo costruire come umanità. Una volta stabilito questo, insieme, allora ogni strumento, tecnologico e non, potrà essere asservito a perseguire gli obiettivi. Se invece non lo facciamo, allora saranno gli strumenti che usiamo a plasmare noi e la nostra società in modi imprevedibili, e la colpa sarà solo nostra.
La realtà virtuale (il Metaverso a cui consente di accedere), ad esempio, “po esse fero e po esse piuma”, può servire ad espandere le nostre percezioni e – scopriamo dal CES2022 – forse in futuro ci consentirà di gestire robot a distanza come fossero avatar nel mondo fisico. Oppure, al contrario, potrebbe essere utilizzata per isolarci, manipolarci e controllarci come una versione sotto steroidi del 1984 di Orwell.
Quale delle due ipotesi prenderà infine forma, è un problema culturale, sociale e politico, quindi squisitamente nostro. Di tutti. Ed è ora, oggi, che dobbiamo esigere come comunità di poter scegliere, di poter indirizzare l’uso di queste tecnologie (oggi definito da pochi oligarchi miliardari) verso il bene. Prima che sia troppo tardi.