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Con la nuova Leica M11, l’essenza della fotografia diventa hi-tech

Nel 2014 Leica compiva 100 anni. Un secolo di macchine fotografiche eccellenti finite nelle mani di Fotografi con la F maiuscola, che con esse hanno raccontato il mondo mentre accadeva. 

A maggio sempre dello stesso anno, per celebrare quello che chiamava il suo Giubileo, l’azienda tedesca inaugurò un nuovo quartier generale a Wetzlar (un’ora di macchina da Francoforte), tornando nel piccolo paese dove la sua storia era iniziata. 

Fu un evento notevole: nel complesso nuovo di zecca (le cui due torri sono a forma di obiettivo Leica), tra esposizioni di fotocamere, selezioni di scatti che hanno fatto la storia e linee di produzione dove si incontrano tecnologia e artigianato, andò in scena una festa memorabile. Presenti i più importanti fotografi Leica viventi, era facile imbattersi in personaggi come Nick Ut, Craig Semetko, Elliott Erwitt o Gianni Berengo Gardin. Ne intervistai molti, e chiesi loro come cambiava il lavoro del fotografo professionista in un mondo in cui venivano postate milioni di foto al giorno, ma anche come vivevano la digitalizzazione della fotografia (su cosa mi dissero, torneremo più avanti).

Festa a parte, al tempo era difficile interpretare l’evento Leica: era il canto del cigno di un dinosauro destinato a essere spazzato via, o al massimo a restare un fenomeno di nicchia per facoltosi cultori della materia? Oppure era una pietra miliare, il punto di svolta di un brand ricco di tradizione, che ha fondato la fotografia moderna inventando il formato compatto, e che ora si proiettava con forza nel futuro?

Oggi sappiamo che la risposta giusta è “la seconda che hai detto”. 

Il lancio odierno della nuova Leica M11 (su cui trovate un pezzo per Italian Tech a fine post), conferma che l’azienda tedesca ha saputo cambiare il passo ed evolversi senza rinunciare a se stessa. Come già prima di lei la serie SL e Q, ora la nuova M11 trova la sintesi tra tradizione e innovazione. Nell’aspetto, tutto si richiama alla serie M, rivendicando un legame di parentela diretta soprattutto con le sue incarnazioni più recenti e digitali. Nella sostanza, abbondano invece le novità e soluzioni tecnologiche (alcune addirittura inedite per il mondo della fotografia tradizionale) che proiettano la nuova nata nel futuro della fotografia d’autore.

Ed è una buona notizia.

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Dal Metaverso alla Metamobilità

Quando l’industria automotive, la robotica e il metaverso si incontrano, nasce la Metamobilità. O almeno così dice Hyundai, che al CES di Las Vegas ha svelato la sua strategia intitolata “Expanding Human Reach”, dove la robotica agirà come mezzo per collegare il mondo virtuale e quello reale, plasmando e trasformando la mobilità del futuro in ogni sua accezione. Compresa quella degli oggetti, per cui Hyundai ha coniato la definizione Mobility of Things (MoT).

L’idea, almeno sulla carta è molto interessante: in un mondo iperconnesso, i robot potrebbero dunque diventare i nostri avatar nel mondo fisico, da guidare a distanza ovunque ci troviamo, una volta entrati nel Metaverso. Facciamo un esempio: vi trovate in viaggio, lontano dalla vostra casa, ma dovete dare da mangiare al gatto; nella visione di Hyundai, un domani potrete accedere a una perfetta copia digitale della vostra casa nel metaverso, dove prendere il controllo di un robot capace nutrire e abbracciare il vostro animale domestico, magari dall’altra parte del mondo.

E se tutto questo può già sembrare incredibile, non è che l’inizio: Hyundai ha infatti presentato anche le sue piattaforme modulari Plug & Drive (PnD che) e Drive & Lift (DnL), soluzioni all-in-one per la Mobility of Things (MoT), che utilizzano sensori LiDar e telecamere per leggere l’ambiente e muoversi in esso. Insieme, esse possono essere utilizzate per rendere mobili (e quindi anche comandabili a distanza tramite il Metaverso) oggetti normalmente inanimati, dai piccoli manufatti, ai mobili.

Hyundai immagina che queste soluzioni vengano utilizzate in futuro ad esempio per agevolare il movimento delle persone con disabilità, per automatizzare la logistica, persino per creare spazi interni riconfigurabili (ad esempio con mobili e sedie che si muovono e spostano per soddisfare ogni necessità).

Non sembra male, e potrebbe essere un uso del Metaverso diverso e molto più utile da quello prospettato da Zuckerberg, che proprio di recente ha riportato in auge questo termine evocando una (per molti versi) agghiacciante versione 3D del suo Facebook.

Staremo a vedere: intanto sarebbe bene che tutti fossimo vigili, il più possibile informati e accorti nell’uso delle nuove tecnologie di cui disponiamo e di quelle che verranno. La tecnologia è uno strumento: a fare la differenza è il modo in cui la mettiamo a frutto, che a sua volta dipende da quali valori ci diamo, quali regole, ma anche e soprattutto da che tipo di società vogliamo diventare, da come ci immaginiamo fra dieci, venti o cinquant’anni.

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