
E’ una vera bomba quella lanciata sul pubblico del LIFT 2007 da Florence Devourad, chairwoman della Wikipedia Foundation:
“Allo stato attuale, Wikipedia dispone di risorse finanziarie per mantenere i propri server altri 3 o 4 mesi. Se non troviamo altri fondi, non è impossibile che Wikipedia possa sparire”.
Questa la notizia. Ora, passato lo stupore, una riflessione: che l’allarme lanciato dalla Devourad sia reale o solo esagerato per svegliare donatori vecchi e nuovi, la sostanza non cambia. Se Wikipedia andasse a rotoli le conseguenze sarebbero sostanzialmente due: la morte del modello di business basato sulle donazioni; il nostro rapido ritorno all’età della pietra, quando il sapere condiviso non era che una languida utopia.
UPDATE: facciamo il punto assieme a Wikipedia italia.
UPDATE/2: Florence Devourad smentisce l’imminente chiusura di Wikipedia.
(Via Scoble)
Il problema è culturale e gravemente viziato da anni di internet tutto gratis.
La gente vede la donazioni come un gesto di carità e non come il pagamento di un servizio, mentre paga canoni a Sky o a Telecom senza battere ciglio.
Spero di non veder mai sparire un sito come Wikipedia. Sarebbe gravissimo.
Dubito fortemente che Wikipedia venga spedita nell’oblio da chi la gestisce, sarebbe come buttare al vento un patrimonio che rende, anche se non direttamente sul versante economico.
Il discorso è un altro. Il modello di business difficilmente può reggersi sulle contribuzioni spontanee degli utenti, alcuni dei quali sono essi stessi collaboratori.
Se Wikipedia è una risorsa collaborativa in cui gli utenti stessi creano per condividere, il ritorno economico va cercato altrove. Ed è questo altrove ad aprire un orizzonte non certo privo di tinte fosche. Là dove si chiede, lì bisogna rispondere.
no, wikipedia e’ ormai un multi-billion business, con la foundation, yahoo e altri investitori alle spalle
neppure si tratta del vizietto di tutto aggratis, in questo caso, che la filosofia complessiva e’ proprio la knowledge-sharing
pur se e’ vero che la donazione solo in italia (o quasi) e’ vista in tal senso, non qui in USA o altrove
ovvero, la situazione non mi pare sia cosi’ drammatica — nello specifico, facendo un po’ di ricerche, si trtta piu’ che altro di un sollecito, appunto, ad aprire i portafogli dei singoli e i forzieri aziendali, visto anche il palco europeo da cui parlava
ms. devourad
la quale ha fatto quelle affermazioni en passant, all’interno di una relazione ben piu’ complessiva ed ampia, tipo:
“We’re not here to make money or to be sold – we’re here for the common good.”
calma e sangue freddo dunque, e un paio di links utili:
http://www.tomhume.org/2007/02/lift07_keynote_.html
http://climbtothestars.org/archives/2007/02/08/some-notes-of-florence-devouards-lift-talk-wikipedia/
La donazione può essere lo stato intermedio, indispensabile per far capire che tutto ha un costo. Compreso questo passaggio il pubblico, gli utenti dovranno abituarsi a pagare un servizio. Un dollaro al mese per milioni di utenti e passa la paura. Non vedo catastrofi imminenti ma la fine della prateria si. Forse il “selvaggio west” è terminato e oggi comincia un nuovo periodo: quello della società economica. Credo che le donazioni resteranno ma per quei siti e quegli enti a scopo morale mentre wikipedia è un magnifico fornitore di profitto.
Uno di questi giorni saremo tutti abbonati a Wikipedia
A me tutto ciò fa riflettere, più per ragioni “teoriche” che pratiche.
Strano come un progetto che, nato fuori dalla logica dei profitti, rischi di morire proprio per questa sua libertà e indipendenza mentre di contro, enti a scopo di lucro, si stiano avvicinando a realtà collettive e tendenzialmente gratuite.
Come dire..wikipedia ha creato un modello efficiente ma che, per funzionare a dovere, ha bisogno di una determinata quantità di risorse che solo aziende terze e nuovi modelli di business possono fornire.
Non so se preoccuparmi per la prevedibile commercializzazione dell’enciclopedia, o rallegrarmi per la nuova comuncazione aziendale basata su modelli collaborativi e trasparenti.
Ok, ci sarà sempre un mecenate pronto a sganciare quattrini per mantenere i server come ci sarà sempre l’azienda che crea il wiki fasullo..ma non sembra strano tutto ciò?
la verita’ e’ che la speculazione rovina le idee/ne sancisce la morte/
l’idea resta / l’uomo anche
questa e’ la squallida realta’
occorre anche tener conto che l’attenzione degli utenti e lo spazio online sono beni limitati, nel senso che c’e’ iper-ridondanza di info similari e sempre meno originalita’ (piu’ sulla scena italica che altrove) e dall’altra la crescita degli utenti e’ rallentata, per lo meno nei paesi occidentali (e vieppiu’ in italia)
il nanopublishing, cosi’ come gli utenti medi, tende a seguire pochi, maggiori eventi e siti, rimbalzando news per lo piu’ identiche (ancora: con maggior frequenza in italia)
ovvio che in mancanza di contenuti originali, di gente-redazioni che “connect the dots” degli eventi anziche’ riportarli tali e quali come appaiono altrove, la gente si stufa e gli inserzionisti pure
anche le varie diramazioni/copiature da e intorno a wikipedia spesso creano solo altro rumore, non valore aggiunto originale
in questo caso specifico (ogni sit-situazione va preso a se’, non esiste la formalual magica del business model buono per tutti) io vedrei quindi meglio meno sperpero di risorse/contributi in giro e maggior dibattuto propositivo proprio rispetto alla “nuova comunicazione aziendale” basata comunque su modelli collaborativi e trasparenti
Il problema è culturale e gravemente viziato da anni di internet tutto gratis.
La gente vede la donazioni come un gesto di carità e non come il pagamento di un servizio, mentre paga canoni a Sky o a Telecom senza battere ciglio.
Spero di non veder mai sparire un sito come Wikipedia. Sarebbe gravissimo.
Dubito fortemente che Wikipedia venga spedita nell’oblio da chi la gestisce, sarebbe come buttare al vento un patrimonio che rende, anche se non direttamente sul versante economico.
Il discorso è un altro. Il modello di business difficilmente può reggersi sulle contribuzioni spontanee degli utenti, alcuni dei quali sono essi stessi collaboratori.
Se Wikipedia è una risorsa collaborativa in cui gli utenti stessi creano per condividere, il ritorno economico va cercato altrove. Ed è questo altrove ad aprire un orizzonte non certo privo di tinte fosche. Là dove si chiede, lì bisogna rispondere.
no, wikipedia e’ ormai un multi-billion business, con la foundation, yahoo e altri investitori alle spalle
neppure si tratta del vizietto di tutto aggratis, in questo caso, che la filosofia complessiva e’ proprio la knowledge-sharing
pur se e’ vero che la donazione solo in italia (o quasi) e’ vista in tal senso, non qui in USA o altrove
ovvero, la situazione non mi pare sia cosi’ drammatica — nello specifico, facendo un po’ di ricerche, si trtta piu’ che altro di un sollecito, appunto, ad aprire i portafogli dei singoli e i forzieri aziendali, visto anche il palco europeo da cui parlava
ms. devourad
la quale ha fatto quelle affermazioni en passant, all’interno di una relazione ben piu’ complessiva ed ampia, tipo:
“We’re not here to make money or to be sold – we’re here for the common good.”
calma e sangue freddo dunque, e un paio di links utili:
http://www.tomhume.org/2007/02/lift07_keynote_.html
http://climbtothestars.org/archives/2007/02/08/some-notes-of-florence-devouards-lift-talk-wikipedia/
La donazione può essere lo stato intermedio, indispensabile per far capire che tutto ha un costo. Compreso questo passaggio il pubblico, gli utenti dovranno abituarsi a pagare un servizio. Un dollaro al mese per milioni di utenti e passa la paura. Non vedo catastrofi imminenti ma la fine della prateria si. Forse il “selvaggio west” è terminato e oggi comincia un nuovo periodo: quello della società economica. Credo che le donazioni resteranno ma per quei siti e quegli enti a scopo morale mentre wikipedia è un magnifico fornitore di profitto.
Uno di questi giorni saremo tutti abbonati a Wikipedia
A me tutto ciò fa riflettere, più per ragioni “teoriche” che pratiche.
Strano come un progetto che, nato fuori dalla logica dei profitti, rischi di morire proprio per questa sua libertà e indipendenza mentre di contro, enti a scopo di lucro, si stiano avvicinando a realtà collettive e tendenzialmente gratuite.
Come dire..wikipedia ha creato un modello efficiente ma che, per funzionare a dovere, ha bisogno di una determinata quantità di risorse che solo aziende terze e nuovi modelli di business possono fornire.
Non so se preoccuparmi per la prevedibile commercializzazione dell’enciclopedia, o rallegrarmi per la nuova comuncazione aziendale basata su modelli collaborativi e trasparenti.
Ok, ci sarà sempre un mecenate pronto a sganciare quattrini per mantenere i server come ci sarà sempre l’azienda che crea il wiki fasullo..ma non sembra strano tutto ciò?
la verita’ e’ che la speculazione rovina le idee/ne sancisce la morte/
l’idea resta / l’uomo anche
questa e’ la squallida realta’
occorre anche tener conto che l’attenzione degli utenti e lo spazio online sono beni limitati, nel senso che c’e’ iper-ridondanza di info similari e sempre meno originalita’ (piu’ sulla scena italica che altrove) e dall’altra la crescita degli utenti e’ rallentata, per lo meno nei paesi occidentali (e vieppiu’ in italia)
il nanopublishing, cosi’ come gli utenti medi, tende a seguire pochi, maggiori eventi e siti, rimbalzando news per lo piu’ identiche (ancora: con maggior frequenza in italia)
ovvio che in mancanza di contenuti originali, di gente-redazioni che “connect the dots” degli eventi anziche’ riportarli tali e quali come appaiono altrove, la gente si stufa e gli inserzionisti pure
anche le varie diramazioni/copiature da e intorno a wikipedia spesso creano solo altro rumore, non valore aggiunto originale
in questo caso specifico (ogni sit-situazione va preso a se’, non esiste la formalual magica del business model buono per tutti) io vedrei quindi meglio meno sperpero di risorse/contributi in giro e maggior dibattuto propositivo proprio rispetto alla “nuova comunicazione aziendale” basata comunque su modelli collaborativi e trasparenti