Un paio di giorni fa scrivevo di Terre Desolate e crisi della new economy mentre, contemporaneamente, mi domandavo che aria tirasse dalle parti del venture capital americano.
Pensavo insomma che, dato un periodo economico assai difficile e pessime previsioni per il 2009, i finanziatori d’oltreoceano vivessero ore di terrore al pensiero di poter perdere le ingenti somme investite in svariate startup 2.0.
Oggi scopro invece che, tutto sommato, mi sbagliavo: me lo conferma Nicholas Carlson (Silicon Alley Insider) il quale si è posto lo stesso problema, ha identificato quali sono i 20 venture capital più esposti in investimenti sul web2.0 (qui l’elenco con i dettagli), e ha scoperto che la somma totale investita non supera i 726 milioni di dollari.
Una cifra a ben guardare modesta che, ricorda giustamente Carlson, non documenta tanto le “braccine corte” dei VC d’oltreoceano quanto, al contrario, il fatto che investire sulla nuova rete costi poco.
Nonostante i rischi e le avverse condizioni economiche, insomma, il gioco sembrerebbe valere la candela.
Peccato che qui non se ne accorga nessuno.
Ciao Alessio
la cosa strana di questa analisi è che non considera che anche i Venture capital dicono chiaramente che gli investimenti nel nostro settore non hanno subito forti flessioni di valore o di opportunità e che si dovrebbe investire.
Il problema però sta nel fatto che questi fondi prima di investire non tengono i loro bei depositi sotto il materasso ma come tutti nel circuito internazionale finanziario che ora è molto in crisi.
Il problema principale sta nel fatto che se un’investitore oggi ti vuole dare 100 sa che le probabilità di riuscita/utile sono le medesime di prima ma sa anche che quei 100 gli costano il doppio o il triplo di 6 mesi fa visto che li devono tirare fuori dalle borse.
Ciao Alessio
la cosa strana di questa analisi è che non considera che anche i Venture capital dicono chiaramente che gli investimenti nel nostro settore non hanno subito forti flessioni di valore o di opportunità e che si dovrebbe investire.
Il problema però sta nel fatto che questi fondi prima di investire non tengono i loro bei depositi sotto il materasso ma come tutti nel circuito internazionale finanziario che ora è molto in crisi.
Il problema principale sta nel fatto che se un’investitore oggi ti vuole dare 100 sa che le probabilità di riuscita/utile sono le medesime di prima ma sa anche che quei 100 gli costano il doppio o il triplo di 6 mesi fa visto che li devono tirare fuori dalle borse.