Ieri allo IAB Forum di Roma il presidente di IAB Italia Layla Pavone ha snocciolato i suoi dati sulla pubblicità online nel Belpaese. Come puntualmente riporta oggi Punto-Informatico, la Pavone ha parlato di “esplosione del mercato” e ha aggiunto:
“le proiezioni 2008 indicano che il giro d’affari toccherà il miliardo di euro con un incremento rispetto al 2007 del 40%”. Sono dati significativi, perché dicono che “il 7% dei budget pubblicitari verrà allocato su internet, quota che prevediamo arriverà al 10% sicuramente entro il 2010”.
Buone notizie, insomma. Peccato solo che, nel successivo panel su “La pubblicità online: elemento chiave del marketing-mix”, il direttore di Tiscali Advertising Davide Mondo non sia apparso così ottimista.
Nel suo intervento, Mondo ha infatti ripetuto quello poco prima mi aveva raccontato a quattr’occhi in sala stampa, spiegando che:
“molte aziende considerano ancora le campagne stampa online come attività residuali, nelle quali investire al massimo eventuali rimanenze di budget destinato ai media tradizionali”.
Non solo: ci sono ancora troppe aziende italiane, rivela sempre Mondo, che parlano di pubblicità online senza avere idea di cosa sia o, peggio, pensando che funzioni come quella televisiva:
“Non prima di un mese fa un’azienda ci ha inviato un banner senza link, una pura immagine statica. Quando succedono cose come queste siamo noi stessi a suggerire al cliente di aspettare, di evitare scelte controproducenti e riflettere meglio su come procedere”.
Mettendo insieme i due interventi, solo apparentemente in contradizione, emerge una visione agrodolce del settore, così riassumibile: in Italia il mercato è in crescita trascinato dalla (pur lenta) diffusione di Internet, ma gli inserzionisti sono ancora impreparati a sfruttare, se non addirittura a comprendere, le opportunità offerte dalla Rete.
Lavorando “sul campo” la percezione è esattamente questa. Le poche aziende italiane in grado di comprendere le potenzialità del mezzo, non hanno ancora nessuna intenzione di definire budget per questo tipo di comunicazione, e continuano ad utilizzare le briciole delle campagne stampa/tv. Ma la maggiorparte non ha alcuna competenza in merito (colpa anche di una classe manageriale alquanto antiquata!), e preferisce aspettare…
O forse il mercato cresce ma non per Tiscali Adv 😉
L’italia è fatta ora bisogna fare gli italiani…
L’impressione è questa: il mercato cresce, i mezzi ci sono, ora bisogna creare la cultura e le competenze necessarie per l’adv on line.
credo pero’ che in generale anche le concessionarie propongano sempre le stesse cose: banner, DEM, ecc.
cioè spot su web. punto.
Mannaggia Alessio, anch’io ero li, se lo sapevo ci potevamo salutare fisicamente per una volta! Sarà per la prossima.
@ gluca: sono d’accordo, la cultura va creata, ma da entrambe le parti. spesso anche nell’offerta non c’è competenza o comunque innovazione della proposta comunicativa. e le aziende non si sentono stimolate a conoscere meglio il mezzo (o peggio, pensano già di sapere come funziona).
dicono che la tua domanda ad al gore fosse la più interessante .
la condividi con i tuoi lettori?
il mercato va benone ma è ancora molto indietro rispetto al resto d’europa! prima di fare attività web 2.0 è il caso di aumentare le esperienze sull’advertising on line classico.
C’è anche un altro aspetto che vedo sempre più spesso: nei periodi di crisi come questi, alcuni big spender stanno contraendo i loro budget per i mezzi tradizionali e stanno buttando qualche frazione sul web sperando in una panacea… che il web sia il canale miracoloso che per anni gli hanno raccontato.
La loro speranza è che produca gli stessi risultati di budget molto più cospicui che prima pianificavano altrove.
Il problema non è solo far investire di più le aziende in pubblicità online.
Il problema spesso è far capire alle aziende quello che deve succedere DOPO che l’utente ha cliccato sulla pubblicità.
E’ lì che comincia la vera sfida per le aziende. Quali contenuti propongo all’uente “catturato”? Poche aziende investono veramente in contenuti online (informativi, di servizio, di entertainment).
In molti casi, dopo una gran fatica fatta a portare sul proprio sito gli utenti, li si lascia delusi dell’esperienza fatta.
Se questi sno i dati della pubblicità online, bene. Potremmo parlare di un po’ più di Company Generated Contents e Communication Mix (non solo Media Mix).
Sono d’accordo Alessio. Io mi occupo di pubblicità wine & food e nel nostro settore il problema grave è che l’arretratezza spesso tocca anche molte delle agenzie coinvolte nel media planning dal cliente. Ciao, Filippo