Se è pur vero che Twitter è il moderno Walter Cronkite e che, più in generale, i social network consentono oggi una circolazione di dati e informazioni inimmaginabile anche solo cinque anni fa, altrettanto vero è che non tutti i messaggi scambiati possono essere definiti “costruttivi”.
Dall’America, e più precisamente da New York, arriva la notizia che a usare servizi come Twitter o Myspace non sono solo quei “cittadini digitali” desiderosi di prendere parte alla “grande conversazione” in atto, ma anche i membri delle violente gang in guerra sul territorio della città.
Si è insomma scoperto che uno strumento di comunicazione come Twitter può essere usato anche per provocare, minacciare e invitare a battersi e il proprio avversario. Se poi lo scontro avviene, c’è chi addirittura twitta per vantarsi dell’eventuale vittoria.
La violenza e il disagio sociale raccontati 140 caratteri alla volta
Un fatto inquietante e che poco sembra avere a che fare con i tanto decantati benefici effetti della rivoluzione digitale in corso, ma che a conti fatti ne rappresenta l’inevitabile contraltare: i social network sono lo specchio della società e possono riflettere l’immagine di tutti i gruppi sociali, anche quelli immersi in una realtà di disagio e delinquenza. Ciò che è veramente notevole è che, stando ad alcune testimonianze, l’uso che le gang fanno degli strumenti in Rete sembrerebbe avere il non trascurabile effetto collaterale di favorire e accelerare l’escalation della violenza.
I giovani gangsters sanno infatti di essere monitorati dalla polizia, e per questo usano un gergo comprensibile solo a chi vive i loro stesso contesto. Allo stesso tempo, sono consapevoli di avere un’audience molto più ampia rispetto a prima, e questo non fa che alimentare la loro voglia di annunciare (e quindi commettere) bravate per impressionare i loro avversari e il pubblico della Rete.
Ciò detto, sarebbe interessante capire se, dove e in quale misura la stessa cosa avviene già anche in Italia.