“The Future of Newspapers” è una raccolta di saggi sul giornalismo curata dal professor Bob Franklin della Cardiff School of Journalism, Media and Cultural Studies. Più che il testo in sé, pubblicato all’inizio del 2009, ci interessa qui segnalare la recensione che ne ha fatto pochi giorni fa Tim Luckhurst, a sua volta professore di giornalismo presso l’Università del Kent.
Pur sottolineando a più riprese il valore e l’attualità dei saggi contenuti nella raccolta, Luckhurst finisce sostanzialmente con il criticare il modo in cui essi sono stati resi pubblici. La rivoluzione in corso nel mondo del giornalismo – spiega infatti – non dovrebbe investire e influenzare solo la professione in sé, ma anche l’analisi accademica che la investe e il modo in cui tale analisi viene condivisa. Pena una consistente e dolorosa perdita di rilevanza:
I docenti di giornalismo devono imparare dalle nuove generazioni di ‘multimedia reporters’ – scrive Luckhurst. Essere rilevanti nel giornalismo richiede rapidità. Se questi saggi fossero stati pubblicati online dai loro autori nel momento stesso in cui sono state scritti, arricchiti da link e completi di abstract non più lunghi di ottocento parole, molti di essi sarebbero divenuti oggetto di discussione nelle redazioni dei giornali. Invece i giornalisti leggono il Media Guardian, mentre gli accademici restano tagliati fuori dai dibattiti che definiranno il futuro.
Per essere d’impatto nell’era di Internet, lo studio del giornalismo deve fare propri i nuovi metodi di lavoro, esattamente come suggerisce ai giornalisti di mutare il loro modo di operare”.
La riflessione di Luckhurst, oltre che pienamente condivisibile, è interessante anche perché, a ben guardare, può essere estesa sino a investire tutto il mondo accademico. L’avvento di Internet ha prima travolto e poi mutato radicalmente i meccanismi di circolazione e condivisione del sapere: l’evoluzione di tali meccanismi è ancora in corso e impone un rapido aggiornamento del modus operandi anche ai “produttori di conoscenza” che animano l’ambiente accademico.
Se ciò non dovesse accadere, il mondo universitario rischia di perdere molta della sua capacità d’influenzare il complesso processo evolutivo che interessa la nostra società, lasciando quest’ultima priva di molti e preziosi punti di riferimento.
Risorse
– Tim Luckhurst: “The Future of Newspapers“