Dal Guardian Media Group (GMG), gruppo editoriale dietro Guardian e Observer, prendono ancora una volta posizione contro la messa a pagamento dei contenuti giornalistici online. La prima a schierarsi contro i paywall era stata Emily Bell, digital director di Guardian News & Media (GNM), che aveva definito “stupida” l’idea di far pagare gli utenti. Qualche tempo dopo era poi intervenuto Alan Rusbridger, editor del Guardian, il quale aveva rincarato la dose definendo “folle” pensare che mettere i contenuti online a pagamento potesse bastare da solo a risolvere la crisi dei media.
Ora a prendere la parola è Carolyn McCall, CEO di GMG: in un’intervista con il Financial Times, essa sostiene che non c’è alcuna prova del fatto che i cosiddetti paywalls possano funzionare e generare entrate per i giornali. “It is not really the way the web works”, dice anzi la McCall, e aggiunge: “It is the wrong thing to do right now because the jury is out about whether that is the way consumers are going to get information. We will watch what happens.”
Un approccio che, pur confermando la linea precedente, a ben guardare appare molto più “aperto” e possibilista che in passato. Sebbene infatti il CEO di Guardian Media Group affermi chiaramente che le paywall finirebbero con il “soffocare il nostro giornalismo”, esso ammette contemporaneamente che la sua azienda aspetta di vedere come si evolve la situazione prima di decidere il da farsi. Se a questo si aggiunge che, nel corso dell’intervista, la McCall si lascia anche sfuggire che alcuni “contenuti specialistici” andrebbero pagati e che MGM ha già sottoposto al vaglio “six different pay models”, allora il quadro è completo: il Guardian Media Group non vuole far pagare agli utenti i contenuti online, ma è comunque ancora all’affannata ricerca di un nuovo modello di business che ne garantisca la sopravvivenza.