Controcorrente rispetto ai suoi “colleghi” Doc Searls, co-autore del Cluetrain Manifesto che nel 1999 scriveva “I mercati sono conversazioni”, oggi invita i genitori a tenere i giovani lontano da internet il più a lungo possibile:
«Invece di comprargli un computer, lasciate che escano a giocare, stiano al sole, respirino aria fresca. Non voglio dire che non debbano usarlo mai, ma che li si dovrebbe tenere lontano dalla tecnologia il più a lungo possibile, dando così loro il tempo materiale di formare la propria personalità facendo più cose, come interagire nel mondo reale con i loro coetanei o leggere libri. Molti libri. Allo stesso modo quando raggiungono l’età giusta, diciamo intorno ai dodici anni, è giusto dare loro accesso alla Rete.
Per fare un esempio, mio figlio ha 12 anni e legge un libro al giorno. Raramente usa il computer e, tuttavia, quando ci mette mano è molto abile nell’usarlo. Credo che ciò sia merito sia dell’apertura mentale derivante dalla lettura – conclude Searls – sia del fatto che quando era più piccolo noi genitori non lo abbiamo incoraggiato a usare il computer».
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Questa breve intervista è parte dello speciale “Bambini a più dimensioni” pubblicato su Nova24 del 14 maggio. Per consultare il resto dell’inchiesta, segui i link di seguito
Vedi anche:
– Il pezzo d’apertura dello speciale “Bambini a più dimensioni”
– David Weinberger: “Educare i figli a discernere il vero dal falso”
– Dave Sifry: “Tutto resterà per sempre documentato in Rete”
– Yossi Vardi: Dare ai giovani accesso alla rete e un codice etico per gestirla
– Chris Anderson – Navigazione protetta e accesso alle fonti di informazione come Wikipedia
– Joi Ito – Non dobbiamo creare analfabeti digitali
– Maryssa Mayer – Internet porta in dote più benefici che rischi
– Stefano Quintarelli – Stare vicini ai figli e navigare con loro
– Marten Mikos – Lasciare che i figli imparino ad affrontare i problemi da soli
Confermo. Basta non incoraggiare, e qualche volta magari veicolare l’attenzione dei figli su altre cose. Ma tutto finchè c’è l’età giusta: dai 4 ai 12-13 anni. Dopo è dura, se non impossibile.
Mio figlio oggi ha 16 anni. Da bimbo io e mia moglie spesso , di sabato, anzichè il classico giro famigliare “spesa-centrocommerciale-pizza” lo portavamo in biblioteca, dove a 7 anni ha anche fatto , grazie ad una bella iniziativa di Sala Borsa a Bologna, il “bibliotecario” per qualche giorno.
Da ragazzino leggeva molto, fino a 12-13 anni , poi sempre meno.
Il computer l’ha usato fin dalle elementari ma poco e solo per alcuni giochi pseudo educativi (alcuni ricordo erano veramente carini), ma l’uso dell’oggetto non è mai stato usato come un “premio” o una minaccia. L’ha sempre visto come uno strumento che usava papà per lavorare, ma con cui si poteva anche fare altro. Nulla di più.
Tanto che un pc suo non l’ha neppure ora: usa quello di famiglia e neppure tutti i giorni, devo dire che anche la tv non la guarda spesso (altra cosa a cui non l’abbiamo assuefatto, pur non vietandola in assoluto).
Questo non toglie che , ora che è adolescente, sia una bella testa frolla come tutti i suoi coetanei: giochi on-line se ha accesso al Web, playstation day quando è in casa da solo, e fuori piove e non si può uscire, studiare poco (il minimo, e anche meno), bugiardo quanto basta per far incazzare … però… il mainstream è buono, cè quel qualcosa che fa sperare in un fiorire futuro di neuroni che non sono stati legati a poche funzioni veloci, eccitanti ma false, in quanto condizionate risposte a realtà digitali che nulla hanno a che fare con risse e risentimenti con amici in carne e ossa; voli e impatti con superfici rivide e ghiaiose; ferite fisoche e morali che si rimarginano confermando che a tutto c’è rimedio; odori, sapori e sensazioni che esistono in natura e non in un software supercomplesso con terminali hardware iperealisti.
In sostanza: il digitale è un plus , ha valore se aggiunge qualcosa, non se toglie spazio al resto e diventa l’essenza della vita, sopratutto se la vita è nella fase iniziale di accumulo di esperienza empirica e non teorica.