Mainstream media, rivoluzione in corso

Che la rivoluzione in corso, scatenata dall’avvento della Rete prima e dei nuovi media poi, stia sconvolgendo il mondo dell’informazione “tradizionale”, è dato sotto gli occhi di tutti. La crisi economica che ha pesantemente impattato sui mercati di tutto il pianeta negli ultimi tre anni, e della quale solo ora s’inizia a intravedere la fine, ha solo accelerato un processo già da tempo in moto.

La diffusione di Internet e delle “tecnologie abilitanti” che essa porta in dote ha messo a disposizione della gente potenti strumenti di comunicazione che, solo pochi anni fa, erano costoso appannaggio esclusivo dei soli professionisti dell’informazione. Molti ne hanno fatto e ne fanno un uso personale, altri ancora ne hanno in qualche modo abusato generando molto “rumore”. Un numero significativo di “talenti” ha tuttavia saputo cogliere al volo l’enorme opportunità messa a loro disposizione diventando rapidamente una fonte autorevole di informazioni.

Credibilità basata non più sul monopolio e controllo delle notizie, ma sull’autorevolezza e sulla reputazione costruite un post alla volta, confermate (o, quando necessario, smentite) ad ogni passo dalla vivace comunità online, sempre pronta a contribuire con notizie, suggerimenti, critiche. Un’informazione dal basso e partecipata, generata e gestita lontano dalle “stanze del potere”, trasparente.

Il risultato è un epocale cambio di paradigma: se, come sostiene David Weinberger, i media tradizionali sono una “rappresentazione del mondo” e hanno sempre “basato su questo la propria autorevolezza”, ora quella stessa rappresentazione sembra interessare un pubblico sempre meno vasto. La proliferazione di voci che fanno di Internet il megafono con cui raccontare la realtà in modi sempre diversi (e spesso inattesi) ora disintermedia, isola e, in ultima analisi, mina l’esistenza stessa dei cosiddetti mainstream media.

Questi ultimi appaiono disorientati, incapaci di rielaborare il proprio ruolo e trovare un posto nel nuovo e frammentato panorama informativo. Arrancano alla ricerca di un nuovo modello di business che, per la prima volta nella loro storia, non ha come promessa il monopolio dell’informazione. Subiscono le conseguenze dello spostamento dei lettori sulla Rete e sui sopporti digitali.

Intendiamoci: il giornalismo professionale non è in discussione. Il mestiere di informare si basa su canoni immutabili, su quell’etica “del fare le cose bene, della correttezza, della qualità e della verità” indicata da Luca Sofri come l’unico vero caposaldo intorno a cui far ruotare la trasformazione del mercato dell’informazione, che invece deve rapidamente evolversi.

Quali problemi pone questo doloroso momento di passaggio, che come tale è comunque carico di minacce e di opportunità? Questa ed altre domande sono alla ricerca di risposte che tardano ad arrivare, che richiedono lo sforzo di guardare al medio e lungo termine, che esigono una visione d’insieme libera da pregiudizi.

Mentre si avvicendavano sotto i riflettori della Venice Session IV, ospiti del calibro di David Weinberger, Martin Sorrel, Maurizio Ferraris e Luca Sofri hanno provato a dare delle risposte che, seppure non bastano a esaurire l’argomento, di certo indicano dei percorsi da seguire alla ricerca di soluzioni concrete. Ne riportiamo tre, accompagnate da altrettante domande:


In che modo i media possono sopravvivere alla rivoluzione in corso?

Secondo Martin Sorrell:

Per chi fa comunicazione oggi è anacronistico concentrarsi su un unico media e su un solo paese. Con la crisi del Web 1.0, la Rete sta disintermediando il business tradizionale che ora deve rapidamente cambiare il proprio business model. Per sopravvivere in questo nuovo mondo, è fondamentale che, dopo l’adv, si approdi al pay-per-content, che a sua volta può funzionare solo se lavora per comprendere cosa vuole veramente la gente. È questo il vero potere dei media che saranno protagonisti del futuro.

Secondo Luca Sofri:

Il futuro dell’informazione è tornare a fare le cose per bene. Alcune testate inevitabilmente scompariranno, altre invece sapranno evolversi per poi consolidarsi. “Il giornalismo è un’arte straordinaria” che sopravvivrà se chi produce informazione (soprattutto in Rete) saprà recuperare l’etica: “l’etica del fare le cose bene, l’etica della correttezza, l’etica della qualità, l’etica della verità”.

Come si definisce oggi l’autorevolezza dei media?

Per David Weinberger:

I media classici sono una rappresentazione del mondo e basano su questo la propria autorevolezza. Tuttavia le cose stanno cambiando, così come la natura stessa dell’autorità sta cambiando. Noi oggi rifiutiamo che qualcosa possa frapporsi tra noi e il mondo. I vecchi media potranno continuare ad esistere e riconquisteranno la loro autorevolezza se saranno trasparenti e se contribuiranno con le loro competenze originali al mondo iperconnesso. La responsabilità condivisa è ormai un’esigenza essenziale ed è il motivo per cui abbiamo interconnesso il mondo.


Come cambia la società dell’informazione nell’era dei nuovi media?

Secondo Maurizio Ferraris:

La società dell’informazione è diventata società della registrazione ed è questa la grande trasformazione che caratterizza in maniera peculiare quest’epoca della storia dei media.
Ciò ha determinato una esplosione della memoria e dei documenti, al punto che il Web è pieno di tracce del passato. Questa spettralità dell’informazione nel mondo contemporaneo non può essere considerata un accidente storico e non è così terribile come si potrebbe pensare, bensì rivela l’essenza del legame sociale, che è la documentalità, ossia la possibilità di registrare gli atti che si sono compiuti. In fin dei conti, è solo la memoria che rende possibile l’esistenza.

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