News online a pagamento, la rivoluzione può attendere

Mentre la stampa di tutto il mondo lotta alla ricerca di nuovi modelli di business, in Australia vacillano persino le certezze del magnate Rupert Murdoch. La notizia è sulla bocca di tutti: dopo aver annunciato che entro un anno tutte le sue testate online avrebbero presto iniziato a diffondere solo contenuti a pagamento, ora veniamo a sapere dalle sue stesse parole che la piccola “rivoluzione” potrebbe slittare avanti nel tempo. Di quanto, non è dato sapere con certezza.

Visto che non capita spesso di vedere il tycoon australiano vacillare nelle proprie ferree convinzioni, l’evento merita un pizzico di approfondimento.

Tutto ha inizio lo scorso agosto, quando Murdoch annuncia al mondo la sua intenzione di rendere a pagamento tutti i siti d’informazione di sua proprietà entro l’estate successiva. Considerando l’estensione e l’influenza del suo impero mediatico, le sue affermazioni risuonano subito come una cannonata in tutto il settore. Riportava all’epoca il Guardian:

“La qualità non costa poco – ha dichiarato Rupert Murdoch – la rivoluzione digitale ha aperto molti ed economici canali di distribuzione, ma non ha reso i contenuti gratuiti. Intendiamo far pagare per l’accesso ai contenuti dei nostri siti d’informazione”.

Conoscendo il personaggio, è difficile pensare che si sarebbe sbilanciato con simili affermazioni se, in altre sedi, non fossero già in corso trattative con gli altri produttori di informazioni per convincerli a fare altrettanto. Il perché è semplice: in caso contrario l’intera operazione si sarebbe connotata decisamente come un suicidio editoriale e commerciale.

Come però osserva Roy Greenslade dalle pagine del suo blog sul Guardian, qualcosa deve essere andato storto se ora l’ambizioso progetto conosce una battuta d’arresto. Quel che è certo è che, rispondendo alle domande del Telegraph, Murdoch appare preso in contropiede quando gli si chiede semplicemente se procede regolarmente il cammino verso l’avvio della distribuzione a pagamento dei contenuti:

“No – è la sua risposta – stiamo lavorando davvero duro su questo progetto ma non posso promettere che ce la faremo entro la data prestabilita. In realtà non sono in grado di rilasciare commenti sulla questione. E’ un work in progress che coinvolge non solo i nostri siti, ma anche altre persone e aziende come ad esempio la vostra”.

Nota sempre Greenslade che l’ultima frase, rivolta proprio all’editore del Telegraph, è stata omessa nel pezzo ufficiale del giornale, cosa che conferma non solo l’esistenza di trattative in corso tra editori a livello planetario, ma anche forse l’imbarazzo del giornale nel riportare il proprio coinvolgimento.

Insomma, il quadro nel suo insieme (l’imbarazzo di Murdoch, quello del Telegraph, lo stesso probabile rinvio della piccola rivoluzione promessa dal tycoon australiano) sembra confermare ancora una volta con forza (se mai ce ne fosse stato bisogno) le difficoltà in cui versa l’editoria planetaria, ancora nel bel mezzo della caccia a un nuovo modello di business che ne risollevi le sorti dopo l’avvento di Internet.

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