Sul corporate blog di Google News si legge a proposito del programma “First Click Free”:
Gli editori che scelgono di partecipare consentono ai nostri crawler di indicizzare i loro contenuti a pagamento, quindi permettono agli utenti che li scoprono attraverso Google News o Google Search di visionare tutto l’articolo senza richiedere loro di registrarsi o sottoscrivere. Il primo click dell’utente è gratuito, ma se questi successivamente fa click su uno qualsiasi dei link presenti nell’articolo, a quel punto l’editore può mostrare una schermata con cui invita il lettore a registrarsi o a pagare.
Ora, sorvolando sulle ragioni tecniche per le quali Google ha creato questo programma, appare abbastanza chiaro il messaggio: attraverso Google Search e Google News l’utente ha la possibilità di visualizzare gratuitamente contenuti a pagamento, anche se in pratica non può navigarci dentro.
In realtà “First Click Free” esiste già da qualche tempo, ma ieri è tornato agli onori delle cronache perché, grazie all’ultimo upgrade, ora l’editore potrà fare in modo che il lettore non veda “more than five pages per day without registering or subscribing”.
Ora la domanda è: come si fa a partire da questa serie di informazioni, peraltro disponibili alla consultazione da parte di tutti, per arrivare a dire su due diverse testate nazionali che “l’era delle notizie gratis su ‘Google news’ sta per finire”?
Massimo Mantelliniha già descritto con la massima chiarezza possibile peccato e peccatori. Rileggendone il post tornano in mente quelle vecchie diatribe tra giornalisti e blogger, dove i primi accusavano (e spesso accusano ancora) i secondi di fare informazione inaffidabile perché privi della necessaria professionalità.
Difficile non notare l’ironia di cui è intriso l’accaduto: sono infatti quegli stessi giornali a caccia di nuovi modelli di business, sull’orlo di far pagare anche i propri contenuti online e sempre pronti a rivendicare la maggiore qualità dell’informazione che producono, che oggi hanno commesso l’errore di interpretare una notizia di servizio come una resa di Google di fronte agli editori. Una resa che avrebbe risolto loro non pochi problemi.
Quel che si dice Wishful Thinking.
Diceva bene Alessandro Gilioli quando, alla domanda “Giornalisti versus blogger/citizen journalists: a chi appartiene il futuro dell’informazione”, rispondeva:
I professionisti pagati per comunicare continueranno ad esistere se sapranno scendere dal piedistallo e confrontarsi con la vivace realtà dei vari blog, Facebook, Twitter, Youtube etc. Per contro, l’apporto del citizen journalism sarà sempre più vitale e importante (con un inevitabile processo di selezione) e anche quelli che ora gli voltano snobisticamente le spalle prima o poi si arrenderanno.