Di seguito, l’intervista con Doc Searls pubblicata il 24 gennaio 2008 su NOVA, inserto del IlSole24Ore.
Il sorriso contagioso, lo sguardo bonario, la battuta pronta. Doc Searls, senior editor del Linux Journal e blogger storico, a prima vista non sembra essere un rivoluzionario. Le apparenze, tuttavia, ingannano:
nel 1999 fu lui, assieme a David Weinberger, Christopher Locke e Rick Levine, ad assestare un duro colpo al modo tradizionale di intendere i mercati economici. Il fendente aveva il nome e la forma del Cluetrain Manifesto, un testo “eretico” e provocatorio fin nella scelta di articolare i concetti in “95 tesi”. Un richiamo evidente a Lutero, ma anche e soprattutto l’analisi puntuale dei profondi cambiamenti che l’avvento di internet e dell’e-commerce stavano generando (e avrebbero generato) nei mercati planetari.
«Una potente conversazione globale è in atto – si legge nel Manifesto – attraverso la rete le persone scoprono rapidamente nuovi modi di condividere la conoscenza», diventando di conseguenza più consapevoli e quindi refrattarie al bombardamento mediatico del marketing tradizionale. Un cambiamento di portata mondiale, ben riassunto dallo stesso Searls nella prima e più famosa delle 95 tesi: “I mercati sono conversazioni”.
Dopo quasi un decennio di “rivoluzione” e nel pieno rigoglio del cosiddetto web2.0, impossibile non chiedergli se le aziende abbiano raccolto o meno la sfida insita nel Manifesto. «Molte di loro sì, – risponde Searls – molte altre, invece, ne hanno tratto un semplice slogan. Basta digitare su Google la parola “conversazione” e saltano fuori centinaia di compagnie che parlano di “conversational marketing”, ma la maggior parte sono solo “stronzate” (bullshit). Quindi la risposta è: sì e no».
Come esempi positivi, Searls cita gli esperimenti di Johnson & Johnson o British Telecom, nei quali è direttamente coinvolto. Quando poi gli chiedo un giudizio sull’operato della Dell, appare più indulgente di quanto mi aspettassi: «sta facendo un buon lavoro, specie con l’iniziativa IdeaStorm», ovvero un sito dove gli utenti propongono e votano i loro suggerimenti destinati all’azienda. «Non credo che il management si aspettasse tanta partecipazione da parte del pubblico – precisa Searls, divertito – né tanto meno l’entusiasmo con cui in tantissimi hanno chiesto di avere Linux in alternativa a Vista sui loro computer. Tuttavia è andata così e loro hanno dimostrato grande apertura nell’accettare i suggerimenti del pubblico».
Il sistema alla base di IdeaStorm non è invenzione di Dell, ma ricalca l’ormai celebre Digg.com. Quest’ultimo è un servizio di “editoria sociale” dove gli utenti segnalano e votano articoli trovati nella rete. Kevin Rose, che di Digg è il creatore, mi ha spiegato che il successo di IdeaStorm nasce dall’aver dato all’utente una chance di dire cosa voglia veramente. Searls non potrebbe esser più d’accordo: «Dell è un esempio perfetto. In un certo senso, ciò che deve accadere nelle aziende è che l’impegno a “conversare” con l’utente coinvolga tutti, non soltanto i responsabili delle pubbliche relazioni. E’ quello che accadrà, ma ci vorrà del tempo».
Certo, la strada da percorrere è ancora lunga: «Siamo solo all’inizio, solo qualche nanosecondo dopo il Big Bang» conferma Searls. «Il cambiamento introdotto dall’avvento di internet è profondo e consiste nell’azzerare la distanza tra persone così come tra dispositivi. C’è ancora molto da fare, ma alla fine la rete sarà libera, a basso costo e facile da usare. Nove anni fa con il Cluetrain Manifesto – continua – abbiamo affermato che i mercati sono conversazioni. Oggi credo che la nuova frontiera sia oltre la conversazione, nella relazione tra gli individui. Questo è il prossimo passo evolutivo dei mercati e richiederà del tempo, perché le aziende non hanno la minima idea di come instaurare una vera e genuina “relationship” con i loro “customers”».
Riepilogando, il nuovo teorema è che «i mercati sono relazioni». E se le aziende non sanno come muoversi, Searls sembra invece avere le idee molto chiare sul da farsi: «Insieme al Berkman Center for Internet and Society sto lavorando a un progetto di Vendor Relationship Management (VRM), ovvero l’opposto del Customer Relationship Management (CRM): il nostro scopo è creare strumenti che rendano le persone capaci di dialogare ad armi pari con le aziende ma anche con le istituzioni, con i governi e con qualsiasi organizzazione. In questo modo diventeranno cittadini migliori, interlocutori con cui vale la pena confrontarsi piuttosto che semplici clienti ai quali prendere i soldi e basta».
Un futuro nel quale c’è ancora posto per l’advertising, a patto però che cambi radicalmente e sia molto meno invasivo: «Viviamo con la pubblicità da così tanto tempo che la diamo per scontata, che crediamo sia l’unica maniera per vendere. Non è così». Il nuovo “supercliente”, forte degli strumenti di VRM, potrà confrontarsi con l’azienda ed instaurare con essa una “relazione”, un rapporto umano del tutto simile a quelli che nascono nel mondo reale, dove «si incontra una persona, la si conosce un po’, se ne condividono gli interessi, ci si scambia il numero di telefono e, se serve, ci si aiuta a vicenda».
Un nuovo sistema di relazioni «molto simile a quello su cui si basa il movimento Open Source, dove è l’amore, la passione per uno scopo comune, il principale “collante” e dove i rapporti sono paritari e regolati da una meritocrazia persino brutale». Riassumendo, nel futuro profetizzato da Doc Searls la pubblicità non serve perché sono i clienti a trovare le aziende, a scegliere i prodotti, a dialogare con loro e decidere in autonomia di chi fidarsi. Inutile bombardarli di spot.
A questo punto viene da chiedersi se gli utenti siano davvero pronti a adottare questi strumenti e perseguire un simile cambiamento: «Lo saranno», risponde Searls senza alcuna esitazione. E conclude: «Basta pensare a cosa è accaduto con la carta di credito: se negli anni Trenta avessimo detto ad una persona qualunque che poteva usare quest’oggetto per pagare non ci avrebbe creduto o avrebbe risposto: “perché mai dovrei farlo?”».
Sappiamo com’è andata a finire.
Pingback: Doc Searls Personal Cloud (video intervista) » Umanità Aumentata - Blog - L'espresso
Pingback: Il Personal Cloud secondo Doc Searls (video intervista) » Umanità Aumentata - Blog - L'espresso