Di seguito, l’intervista Con Sifry pubblicata il 28 febbraio 2008 su NOVA – IlSole24Ore.
«Il web2.0 non è altro che la Rete costruita intorno a noi, è l’insieme di persone che si connettono a internet per comunicare e interagire tra loro in modo nuovo e con nuovi strumenti. Se il “web1.0” è consistito perlopiù nella semplice digitalizzazione di informazioni e servizi preesistenti offline, la nuova Rete è fatta al contrario di persone che vivono una parte importante della loro vita online.» A parlare è lo statunitense David Sifry, imprenditore del software noto ai più come creatore del motore di ricerca Technorati.com, ovvero il Google della blogosfera.
La persona adatta, insomma, per discutere dello stato odierno della Rete e del suo prossimo futuro. «Internet si espande e si espanderà sempre più velocemente in ogni direzione – annuncia deciso Sifry – basta pensare a cosa succede nella blogosfera per averne conferma: oggi Technorati rileva l’esistenza di 124 milioni di blog, con 120 mila nuovi blog creati ogni giorno e più di due nuovi blog creati ogni secondo». Sono numeri imponenti, cui vanno sommati quelli altrettanto considerevoli di social network come Facebook e Myspace. Insieme descrivono una vera e propria migrazione di massa l’universo online: un fenomeno destinato ad accentuarsi perché «sempre più persone scopriranno di avere a disposizione in Rete gli strumenti per entrare in contatto tra loro, passarsi informazioni e, soprattutto, per essere allo stesso tempo consumatori e produttori di contenuti». Completerà il quadro un drastico «calo dei costi di connettività broadband da rete fissa e in mobilità», fornendo di fatto un’ulteriore spinta alla diffusione degli strumenti e della cultura di internet tra le persone.
Viene da chiedersi: il web2.0 è dunque una fonte inesauribile di innovazione? A sorpresa, Sifry propende per il no e mostra di non amare troppo questa (abusata) etichetta: «Circolano tante definizioni di web2.0 – spiega – ma per me si tratta soprattutto dell’insieme di internet company create dopo l’esplosione della “bolla” nel 2001». Mr Technorati si riferisce ovviamente alla moltitudine di aziende che dal 2001 a oggi hanno portato molte e a volte straordinarie innovazioni. «Oggi però – continua Sifry -, vedo aumentare il numero dei “cloni” di servizi preesistenti e di successo, vedo di nuovo aziende incassare finanziamenti leggermente superiori al loro reale valore. Non voglio dire che non sia più innovazione: ciò che intendo è che là fuori ci sono altre tecnologie veramente interessanti e ormai mature che però nessuno ha ancora voluto o saputo sfruttare commercialmente».
L’imprenditore statunitense non cita a caso: insistenti “voci di corridoio” lo danno per impegnato in un nuovo e segreto progetto imprenditoriale che di certo ha a che fare con le tecnologie «non sfruttate commercialmente» di cui parla. Gli chiedo qualche esempio: «Una premessa: si ha vera innovazione solo quando un servizio o una tecnologia espliciti, cioè che per essere sfruttati richiedono una scelta consapevole da parte dell’utente, diventano impliciti e parte trasparente di un servizio più complesso. Cio detto – continua – oggi siamo a un passo dal poter sviluppare un’applicazione per terminali mobili che sappia combinare geo-localizzazione e riconoscimento vocale». Lo scopo è creare un servizio automatico che sappia «comprendere cosa dico, sappia dove mi trovo e combinando queste informazioni, sia in grado di fornirmi quello di cui ho bisogno» senza l’intervento di un operatore umano. Difficile non pensare che sia esattamente questo il progetto supersegreto al quale Sifry sta lavorando.
Protagonista della software industry americana da oltre vent’anni, Sifry ha visto arrivare i blog, li ha visti affermarsi come tool di comunicazione e, alla fine, entrare nelle aziende. Quando gli chiedo cosa pensa del corporate blogging, mi spiazza: “Credo ci siano molte aziende che non dovrebbero bloggare”. Poi spiega: «esistono due tipi di aziende: quelle basate sulla fiducia e quelle basate sulla paura. Se c’è fiducia nei dipendenti e nel proprio operato allora si può ascoltare la blogosfera e, dopo aver identificato i propri interlocutori, impaperare a rispondere». In tre parole: fare corporate blogging. «Se invece la cultura della vostra azienda è basata sulla paura, sul controllo, se c’è il bisogno di passare ogni contenuto che la riguardi al vaglio degli avvocati, qualsiasi blog, semplicemente, fallirà». Per David Sifry è insomma scorretto dire indistintamente a tutte le aziende «dovreste bloggare»: meglio valutare rigorosamente caso per caso. Ad ogni modo l’innovazione deve partire dall’alto, da «un CEO che sappia fare proprio e guidare questo profondo cambiamento nella cultura aziendale. Nella mia esperienza questo è raro ma possibile, e di certo non basta l’apertura di un blog a renderlo effettivo».
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