Come promesso, ecco di seguito la seconda parte dell’intervista integrale con Sam Graham-Felsen, ex Chief Blogger per Barack Obama durante l’ormai leggendaria campagna elettorale per le presidenziali statunitensi del 2008. In queste righe Sam racconta come sia radicalmente cambiato il modo di fare attivismo politico, condivide la sua visione sul futuro delle campagne elettorali “empowered” dalle nuove tecnologie di comunicazione e si lascia involontariamente sfuggire un commento impietoso sul digital divide nel nostro Paese. (Una versione ridotta dell’intervista è stata pubblicata su Nova24 – IlSole24Ore di Giovedì 14 aprile, pagina 21)
– La prima parte è disponibile qui –
Il futuro della comunicazione politica
Interessante anche la visione di Graham-Felsen rispetto a quali tecnologie verranno adottate in futuro nelle campagne elettorali: «La prima volta che ho fatto attivismo politico, ho dovuto guidare per due ore e andare in un altro Stato, – racconta – dove mi hanno dato un foglio, una penna e un telefono per chiamare potenziali elettori. Nel 2008 potevo lavorare comodamente nella mia stanza da letto, dov’ero vincolato da una connessione di rete, mentre nel 2012 credo che il più vasto cambiamento verrà dall’affermazione del mobile, e consentirà alle persone di fare attivismo ovunque esse si trovino». Un domani ormai prossimo potremo ad esempio disporre di applicazioni per smartphone che, sfruttando servizi di geolocalizzazione come Foursquare, «sapranno avvisarci che a cento metri dal punto in cui ci troviamo abita un elettore indeciso e interessato a saperne di più sul nostro candidato, dandoci quindi la possibilità di scegliere se andare a bussare alla sua porta e raccogliere dati preziosi». Dati che, manco a dirlo, inseriremo in un database in tempo reale tramite una connessione mobile.
Insomma, quello che ci aspetta è un futuro nel quale Internet e le tecnologie di comunicazione che essa porta in dote saranno non solo disponibili ovunque, ma diverranno anche sempre più centrali al confronto politico. Il tutto però senza che queste – sottolinea Graham-Felsen – possano mai sostituirsi del tutto al confronto faccia a faccia tra le persone, al calore di una stretta di mano. «Domani come ieri – spiega -non saranno le tecnologie, ma le persone che le usano per cambiare lo status quo a fare come ancora una volta la differenza». E a chi obietta preoccupato che in rete oggi trovano spazio e visibilità soprattutto gli estremisti, siano essi di destra o di sinistra, l’ex chief blogger di Obama risponde sbilanciandosi in una previsione ottimistica: «Nel lungo termine – afferma – le persone impareranno ad usare meglio la rete, a sfruttarne gli strumenti per informarsi, per capire cosa accade loro intorno e per formarsi un’opinione più equilibrata che consenta loro di partecipare alla conversazione politica in modo sempre più civile e costruttivo». Impossibile non augurarsi che abbia ragione.
In chiusura, c’è anche tempo per arrossire con un breve aneddoto: parlando con alcune persone venute a conoscerlo al Centro Studi Americani in occasione della sua recente visita a Roma, a un certo punto Sam rimane interdetto quando scopre che in Italia il 50% della popolazione non è online. Poi si riprende e, citando quello che è «solito dire nei paesi in via sviluppo come il Perù», spiega come chi già ha accesso alla rete debba «battersi non solo perché quell’accesso sia esteso a tutti e diventi un diritto, ma anche affinché sia percepito dalle persone come tale». Un paragone di certo involontario, quasi una gaffe priva di polemica, che tuttavia dà drammaticamente la misura di quanto arretrato debba sembrare il nostro Paese a chi viene da fuori.
Anche se prima è passato dal Perù.