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Microsoft manda a casa 5mila persone

Una ventina di giorni fa circolavano voci secondo le quali Microsoft avrebbe mandato a casa ben 15mila persone su 90mila in forze all’azienda. Dopo varie smentite, da Redmond hanno infine fatto sapere che i “layoff” ci saranno, ma interesseranno “solo” 5mila unità.

Alcune cose da notare:

1) E’ la prima volta nella sua storia che Microsoft ricorre a licenziamenti per fronteggiare una crisi economica.

2) Come fa notare Elizabeth Montalbano, salute e prosperità dell’azienda sono ancora troppo dipendenti dal business incentrato sulla vendita di Windows nelle sue varie declinazioni, attualmente affossata dal calo di vendite dei pc registrato a livello planetario. Lo sforzo fatto finora a Redmond per diversificare le attività commerciali va nella direzione giusta, ma non è ancora abbastanza.

3) Parlando della crisi, Steve Ballmer ha fornito una quadro della situazione assai poco incoraggiante, esponendo la tesi che non ci sarà un rimbalzo e il settore non tornerà (almeno nel breve periodo) prospero come un tempo:

“As things go down, they reset. The economy shrinks and then it doesn’t rebound, it rebuilds from a lower base. We’re not expecting a bounce.”

4) Subito gli ha fatto eco il Ceo di Google Eric Schmidt, che pur presentando un altro trimestre chiuso dalla sua azienda ben al di sopra delle aspettative, ha nuovamente espresso preoccupazione per i mesi a venire. Non si è tuttavia parlato di licenziamenti.

5) I tagli al personale (1400 dei quali effettivi a partire da subito) verranno scaglionati nei prossimi 18 mesi, interessaranno tutte le divisioni di business e colpiranno soprattutto la sede di Seattle, dove lavora la maggior parte del personale Microsoft.

New Economy, da Paese delle Meraviglie a Terra Desolata

Tagliare i costi. Riorganizzare. Ottimizzare. Non passa giorno senza che la stampa annunci nuovi licenziamenti (effettivi o rivelati come prossimi dai soliti anonimi bene informati) che come una mannaia si abbattono sui lavoratori della new economy.

Esempio 1: partiamo con qualcosa di semplice. A ottobre Loic Le Meur, ex responsabile di Six Apart Europe ed oggi CEO di Seesmic, annuncia il licenziamento di sette dipendenti. Quisquilie direte voi. E’ un terzo del suo staff, rispondo io.

Esempio 2: nel corso di tutto 2008 Nick Denton, praticamente l’inventore nano-publishing con Gawker.com nonché il primo a trarne guadagni di assoluto rilievo, ha provveduto in varie riprese a chiudere i blog meno produttivi. I vari editor sono stati a volte riassorbiti nei blog ancora funzionanti, più spesso “reimmessi” sul mercato. E questo nonostante gli introiti pubblicitari per Gawker siano cresciuti del 39 per cento nel 2008.

Esempio 3: la cronaca più recente racconta di “riorganizzazioni” da numeri a 3, 4 e persino 5 cifre. Sun Microsystems, per citare qualcuno, deve “sacrificare” ben 6000 persone, circa il 18 per cento della sua forza lavoro, nel processo di ristrutturazione che ne dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) salvare le sorti.

Esempio 4: che dire poi di Yahoo!? Il motore di ricerca uscito con le ossa rotte dalla “danza della morte” con Microsoft e Google ha comunicato già ad ottobre il licenziamento di circa 1500 persone, ovvero il 10 per cento della propria forza lavoro.

Esempi 5 e 6: La cronaca di queste ore è ancora meno incoraggiante delle premesse. Da un lato c’è Microsoft, che voci insistenti (seppur non confermate) vogliono prossima a licenziare 15mila dipendenti su 90mila, la maggior parte dei quali distribuiti tra Europa, Medio Oriente e Africa.

Dall’altro c’è il gigante (dai piedi d’argilla) Sony che – rivela The Times – sarebbe ad un passo da una radicale ristrutturazione che dovrebbe lasciare a terra non meno di 8mila dipendenti.

L’elenco potrebbe andare avanti a lungo, ma la sostanza non cambia: la crisi c’è, sta investendo pesantemente il mondo Hi-Tech e sta producendo un numero assai preoccupante di disoccupati prima ancora che – come mi suggeriva ottimista Tim O’Reilly – “eliminare i rami secchi del web 2.0“.

Il fatto che fosse stata abbondantemente prevista non consola. Cosa ancora peggiore, preoccupano persino le prospettive di spesa per il 2009 degli un tempo voraci consumatori americani, in barba alla pompa magna di eventi come CES e MacWorld, ormai privi della loro vera ragion d’essere.

Ci aspettano tempi duri.

LinkedIn manda a casa il 10% dei dipendenti

Anche LinkedIn, social network professionale che raccoglie oltre 30 milioni di professionisti sparsi in tutto il mondo, “tira la cinghia” ed effettua tagli al personale. Vanno infatti a casa 36 dipendenti su 370, vale a dire circa il 10 per cento della forza lavoro impiegata.

Una scelta dettata – riferisce Techcrunch – dalle pressioni che l’onnipresente Sequoia Capital, principale finanziatore di LinkedIn, ha esercitato ed esercita affinché si riducano al minimo i costi di gestione.

Vista da questa parte dell’oceano, e sopratutto da questo inaffidabile Paese, tale operazione di consolidamento colpisce soprattutto perché arriva subito dopo una raccolta fondi che ha riversato 22,7 milioni di dolari nelle casse di LinkedIn, denaro che si somma ai 53 milioni di dollari raccolti solo lo scorso giugno e che contribuisce a stabilire il valore dell’azienda intorno al miliardo di dollari.

Non abbastanza, evidentemente, per dissuadere i finanziatori dall’applicare una severa politica di consolidamento del business finalizzata a contrastare la tempesta che sferza tutti i mercati del pianeta.

Una lezione che qui da noi più di qualcuno farebbe bene ad imparare.