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Quando un tweet costa il posto di lavoro (a un manager Microsoft)

Il tweet che vedete qui sotto, preceduto da pochi altri più o meno dello stesso tenore, potrebbe essere costato il posto a Joe Marini, fino all’altro ieri “principal program manager for the Windows Phone web platform”.

joe marini wrong tweet

Non ci sono conferme ufficiali, ma se si mettono assieme il repentino abbandono del manager, i suoi tweet in cui rivelava anzitempo alcune informazioni riservate su un prototipo di Nokia Windows Phone e le social media and blogging policy di Microsoft, si fa presto a fare due più due.

In più ci sono le fonti di Geekwire:

But the back story, as we understand it from people inside the company, is that Marini resigned after learning that he would be let go for improper use of social media and disclosure of confidential information.

Se poi si leggono con attenzione gli incauti messaggi di Marini, l’impressione è che il manager stesse correttamente lavorando a creare hype su Twitter, ma sia purtroppo inciampato in un eccesso di sincerità. In particolare quando ha scritto che – in una scala da 1 a 10 – il nuovo prototipo di smartphone meritava un “8”.

Manco a dirlo, subito un utente gli ha chiesto perché non un “9 o un 10”, al che Marini ha risposto come vedete nell’immagine qui sopra. Non è dunque impossibile che il suo (fin troppo corretto) approccio alla comunicazione sui social abbia indispettito qualcuno nelle sfere alte, che di conseguenze potrebbe averne “chiesto la testa”.

Ovviamente le mie sono solo speculazioni: resta tuttavia quello che sembrano confermare i fatti e le testimonianze, e cioè che  ancora oggi, pur in presenza di puntuali e circostanziate social media policy e dopo molte esperienze simili, un tweet può costare il proprio posto di lavoro.

Anche a un manager.

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WordPress and Democracy: interview with Matt Mullenweg

A few days ago in Paris I had a nice chat with Matt Mullenweg – founding developer of WordPress – about the popular open-source blogging software and its future developments, as well as the way in which WP helps democracy along with anything else that enabes open communications, transparency and publishing.

There was also time to point out that Rambo is blogging on WordPress and that the partneship with Microsoft won’t eventually lead to any acquisition.

And when at end I asked him “if you had to start developing today, on what would you like to work?”, Matt answered “On e-mail, which I think is still really painful”, adding that what Facebook is doing goes in the right direction.

So let’s just hope that he really will, one day or another.

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Microsoft risponde al governo tedesco: “Explorer è sicuro”

UPDATE2: Feliciano Intini risponde a Claudio Cicali (ha avuto qualche problema con i commenti del mio blog quindi mi ha scritto. Di seguito le sue parole).

Ciao Alessio e Claudio, il vostro dubbio comune mi fa capire di non essere stato sufficientemente chiaro, e di questo mi scuso: il punto è che, mentre la vulnerabilità è presente su tutte le versioni da IE 6 in poi (io ho usato la frase “relativa a tutte le versioni di Internet Explorer attualmente supportate tranne la versione nativa installata su Windows 2000 (IE 5.01)”), l’exploit noto è effettivamente funzionante nella modalità di remote code execution (che è quella che permette di infettare i PC con malware) solo su IE 6.

UPDATE: nei commenti qui e su FriendFeed Claudio Cicali fa notare che nella stessa Advisory di Microsoft la vulnerabilità di Internet Explorer viene estesa anche alle versioni 7 e 8.

Our investigation so far has shown that Internet Explorer 5.01 Service Pack 4 on Microsoft Windows 2000 Service Pack 4 is not affected, and that Internet Explorer 6 Service Pack 1 on Microsoft Windows 2000 Service Pack 4, and Internet Explorer 6, Internet Explorer 7 and Internet Explorer 8 on supported editions of Windows XP, Windows Server 2003, Windows Vista, Windows Server 2008, Windows 7, and Windows Server 2008 R2 are vulnerable.

Due giorni fa la BBC riferiva che il Governo di Berlino ha invitato i cittadini tedeschi a non usare Internet Explorer perché non sicuro. Nel pezzo si legge:

The warning from the Federal Office for Information Security comes after Microsoft admitted IE was the weak link in recent attacks on Google’s systems.

E ancora:

Graham Cluley of anti-virus firm Sophos, told BBC News that not only did the warning apply to 6, 7 and 8 of the browser, but the instructions on how to exploit the flaw had been posted on the internet.

Considerata la portata e le implicazioni della notizia, valeva la pena andare direttamente alla fonte e porre una semplice domanda: E’ vero o no che le tre versioni di Internet Explorer chiamate in casua da berlino sono a rischio exploit?

Carlo Rossanigo, Direttore Comunicazione di Microsoft Italia, ha risposto così:

“Microsoft ha studiato il problema e trovato una vulnerabilità relativa alla sola versione 6 di Internet Explorer associata a Windows XP. Le versioni successive del browser, specialmente la 8, sono più che sicure.”

Fin qui la nuda cronaca. Dato il mio interesse professionale per le strategie di comunicazione corporate attraverso il web 2.0, ho voluto verificare anche se Microsoft Italia stesse facendo qualcosa per comunicare la propria posizione attraverso il suo corporate blog Mclips.

Con un certo sollievo, invece di un inutile comunicato stampa su Mclips ho trovato un video fresco di pubblicazione in cui si è scelto correttamente di dare voce alle due persone di Microsoft più competenti sull’argomento – Feliciano intini e Luca Colombo – consentendo loro di spiegare rapidamente in cosa consiste il problema e come rimediare (ovvero aggiornando il proprio sistema a Explorer 8).

Una buona idea, che sono sicuro avrebbe funzionato anche meglio se i due ospiti, invece di rispondere a delle domande dirette, avessero parlato a braccio e con maggiore spontaneità, magari rivolgendosi direttamente al pubblico quasi fossero i conduttori di un show televisivo.

Sarà per la prossima volta.

Microsoft manda a casa 5mila persone

Una ventina di giorni fa circolavano voci secondo le quali Microsoft avrebbe mandato a casa ben 15mila persone su 90mila in forze all’azienda. Dopo varie smentite, da Redmond hanno infine fatto sapere che i “layoff” ci saranno, ma interesseranno “solo” 5mila unità.

Alcune cose da notare:

1) E’ la prima volta nella sua storia che Microsoft ricorre a licenziamenti per fronteggiare una crisi economica.

2) Come fa notare Elizabeth Montalbano, salute e prosperità dell’azienda sono ancora troppo dipendenti dal business incentrato sulla vendita di Windows nelle sue varie declinazioni, attualmente affossata dal calo di vendite dei pc registrato a livello planetario. Lo sforzo fatto finora a Redmond per diversificare le attività commerciali va nella direzione giusta, ma non è ancora abbastanza.

3) Parlando della crisi, Steve Ballmer ha fornito una quadro della situazione assai poco incoraggiante, esponendo la tesi che non ci sarà un rimbalzo e il settore non tornerà (almeno nel breve periodo) prospero come un tempo:

“As things go down, they reset. The economy shrinks and then it doesn’t rebound, it rebuilds from a lower base. We’re not expecting a bounce.”

4) Subito gli ha fatto eco il Ceo di Google Eric Schmidt, che pur presentando un altro trimestre chiuso dalla sua azienda ben al di sopra delle aspettative, ha nuovamente espresso preoccupazione per i mesi a venire. Non si è tuttavia parlato di licenziamenti.

5) I tagli al personale (1400 dei quali effettivi a partire da subito) verranno scaglionati nei prossimi 18 mesi, interessaranno tutte le divisioni di business e colpiranno soprattutto la sede di Seattle, dove lavora la maggior parte del personale Microsoft.

Soldi e tecnologia Microsoft in tre progetti pilota per la PA

Dematerializzare, digitalizzare, informatizzare. Tre parole magiche che ieri giornalisti e fotografi, stretti e accaldati nello studio di Renato Brunetta, hanno sentito ripetere più e più volte dal ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione.

L’occasione era la presentazione alla stampa di tre progetti pilota, avviati in agosto e realizzati con il contributo sia tecnologico che economico (al 100%) di Microsoft Italia.

Nei sei mesi che ci separano dalla scorsa estate, la Regione Friuli Venezia Giulia ha visto “sparire – inghiottiti dalla digitalizzazione – 1280 metri di scaffali cartacei”, assicurandosi – come ha spiegato il presidente Renzo Tondo – un risparmio per circa 500mila euro l’anno;

L’università Roma Tre è passata dalle tradizionali linee telefoniche fisse al Voip (anzi è stata “voipizzata” per usare le parole del ministro), e da febbraio ospiterà un Centro di competenza per il Voip che fornirà il know how per la futura applicazione di questa tecnologia nella Pubblica Amministrazione. Per la cronaca, i prossimi ad essere “voipizzati” dovrebbero essere l’università di Tor Vergata e La Sapienza.

Il terzo progetto realizzato da Microsoft puntava – sempre secondo la retorica brunettiana – alla creazione della “scuola del Futuro”. All’atto pratico è consistito nell’informatizzazione dell’Istituto Tenico Commerciale e per il Turismo Statale “M. Laporta” di Galatina (LE), la cui inaugurazione è prevista per il prossimo 31 gennaio.

La scuola è stata oggetto di un’iniezione di hardware e software che dobrebbe moltiplicare l’efficacia dell’insegnamento ma che, per il momento, ha dato soprattutto modo a Brunetta di interrogare implacabilmente il preside Angelo Rampino su numero e caratteristiche delle macchine installate nella scuola. La difficoltà con cui questi tentava di rispondere ribadisce – a mio avviso – la necessità di formare i docenti oltre che di creare le pur necessarie infrastrutture tecnologiche.

Era presente anche Pietro Scot Jovane, AD di Microsft Italia, che a fine incontro ha sottolineato la facilità con cui queste esperienze possono essere replicate altrove, grazie soprattutto alla “scelta di una piattaforma open source aperta (licenza shared source) e riutilizzabile in qualsiasi scenario senza restare dipendenti da noi”.

Insomma, una presentazione pittoresca ma interessante, organizzata con sapiente tempismo per introdurre ieri concetti ed esempi di buone pratiche che torneranno assai utili oggi, quando verrà presentato a Palazzo Chigi il programma E-Gov 2012 e Brunetta illustrerà quale percorso d’innovazione attende la Pubblica Amministrazione italiana.

New Economy, da Paese delle Meraviglie a Terra Desolata

Tagliare i costi. Riorganizzare. Ottimizzare. Non passa giorno senza che la stampa annunci nuovi licenziamenti (effettivi o rivelati come prossimi dai soliti anonimi bene informati) che come una mannaia si abbattono sui lavoratori della new economy.

Esempio 1: partiamo con qualcosa di semplice. A ottobre Loic Le Meur, ex responsabile di Six Apart Europe ed oggi CEO di Seesmic, annuncia il licenziamento di sette dipendenti. Quisquilie direte voi. E’ un terzo del suo staff, rispondo io.

Esempio 2: nel corso di tutto 2008 Nick Denton, praticamente l’inventore nano-publishing con Gawker.com nonché il primo a trarne guadagni di assoluto rilievo, ha provveduto in varie riprese a chiudere i blog meno produttivi. I vari editor sono stati a volte riassorbiti nei blog ancora funzionanti, più spesso “reimmessi” sul mercato. E questo nonostante gli introiti pubblicitari per Gawker siano cresciuti del 39 per cento nel 2008.

Esempio 3: la cronaca più recente racconta di “riorganizzazioni” da numeri a 3, 4 e persino 5 cifre. Sun Microsystems, per citare qualcuno, deve “sacrificare” ben 6000 persone, circa il 18 per cento della sua forza lavoro, nel processo di ristrutturazione che ne dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) salvare le sorti.

Esempio 4: che dire poi di Yahoo!? Il motore di ricerca uscito con le ossa rotte dalla “danza della morte” con Microsoft e Google ha comunicato già ad ottobre il licenziamento di circa 1500 persone, ovvero il 10 per cento della propria forza lavoro.

Esempi 5 e 6: La cronaca di queste ore è ancora meno incoraggiante delle premesse. Da un lato c’è Microsoft, che voci insistenti (seppur non confermate) vogliono prossima a licenziare 15mila dipendenti su 90mila, la maggior parte dei quali distribuiti tra Europa, Medio Oriente e Africa.

Dall’altro c’è il gigante (dai piedi d’argilla) Sony che – rivela The Times – sarebbe ad un passo da una radicale ristrutturazione che dovrebbe lasciare a terra non meno di 8mila dipendenti.

L’elenco potrebbe andare avanti a lungo, ma la sostanza non cambia: la crisi c’è, sta investendo pesantemente il mondo Hi-Tech e sta producendo un numero assai preoccupante di disoccupati prima ancora che – come mi suggeriva ottimista Tim O’Reilly – “eliminare i rami secchi del web 2.0“.

Il fatto che fosse stata abbondantemente prevista non consola. Cosa ancora peggiore, preoccupano persino le prospettive di spesa per il 2009 degli un tempo voraci consumatori americani, in barba alla pompa magna di eventi come CES e MacWorld, ormai privi della loro vera ragion d’essere.

Ci aspettano tempi duri.

Video intervista con Stephen Elop, presidente Microsoft Business Division

Oggi il cloud computing con la piattaforma Azure. Domani la nuova versione della suite Office dotata di strumenti per l’editing online. In un futuro forse più lontano ma comunque già annunciato, il sistema operativo Midori.

Microsft sta cambiando, sta ridefinendo il proprio core business, si sta preparando ad affrontare un mercato sempre meno “OS centrico” e sempre più simile a quello profetizzato da John Gage quando affermò che “The network is the computer”.

La posta in gioco è altissima. Il futuro ancora tutto da decidere. E’ insomma il momento giusto per chiedere a Steven Elop, presidente della Microsoft Business Division incontrato durante una piacevole cena informale, se ad esempio l’azienda di Redmond stia abbandonando il desktop dopo trent’anni di dominio nel mercato dei sistemi operativi o, ancora, con quali preoccupazioni le migliaia di partner Microsoft nel mondo stiano vivendo la transizione verso il nuovo mercato del “software plus service”.

La risposta a queste e ad altre domande (in inglese) nel video dopo il “continua”:

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Bye bye Jerry Yang

Alla fine Jerry Yang ha pagato caro le sue scelte. Il co-fondatore di Yahoo!, nome storico della internet che conta, lascia la guida del motore di ricerca colpevole di aver rifiutato con tutte le sue forze le “avance” di Microsoft, culminate con una ricca offerta d’acquisto pari a ben 47,5 miliardi.

Non abbastanza per Yang, che di miliardi ne chiedeva 50 forse più per dissuadere Steve Ballmer dal suo proposito che non per ottenere veramente qualcosa. Quel che è certo è che il CEO Yahoo! era deciso ad investire tutto sul ricco accordo commerciale proposto da Google, il quale avrebbe dovuto portare nelle casse del motore di ricerca circa 800 milioni di dollari l’anno.

La storia è nota: dopo lungo tergiversare Google ha fatto improvvisamente dietro front (scusa ufficiale: la partnership con Yahoo! non piaceva all’antitrust americana), Ballmer ha snobbato il disperato invito di Yang a tornare al tavolo delle trattative, le azioni del motore di ricerca americano sono precipitate ad undici dollari.

La conseguenza era prevedibile ed inevitabile: Jerry Yang avrebbe dovuto andarsene dopo aver passato 13 anni alla guida dell’azienda che lui stesso aveva creato. L’unica incognita era quando: la risposta è oggi.

Quando tutto è cominciato era il 1995 e Jerry aveva 26 anni. Oggi ne ha 40 e, con la sua uscita di scena, si chiude un’era per tutti, non solo per lui.

Microsoft e Sun insieme per distribuire l’MSN Toolbar

Snobbato l’appello a riaprire le trattative per una fusione con Yahoo!, l’instancabile Ceo di Microsoft Steve Ballmer porta oggi a casa una partnership commerciale con un insospettabile nuovo alleato: Sun Microsystems.

Il nemico di un tempo, avversario in dure battaglie legali, diventa oggi a sorpresa “ambasciatore” della casa di Redmond in quanto distribuirà, previo assenso dell’utente, l’MSN Toolbar assieme alla propria piattaforma tecnologica Java.

Un colpetto niente male, che garantisce all’azienda di Redmond la possibilità teorica di vedere la propria toolbar istallata potenzialmente sugli 800 milioni di pc nel mondo con “java inside”.

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Ballmer a Yang: l’acquisizione di Yahoo è acqua passata

Spietato, vendicativo, forse anche un tantino crudele, il CEO di Microsoft Steve Ballmer si comporta secondo le previsioni e rispedisce al mittente le “avance” del suo omologo Yahoo.

Due giorni fa Jerry Yang era stato lasciato a piedi da Google e, ieri, si era affrettato a manifestare un’inedita (e disperata) disponibilità a far acquisire Yahoo dalla (un tempo duramente osteggiata) azienda di Redmond.

Oggi Ballmer, forse per reale disinteresse o, più probabilmente, per annichilire definitivamente la forza contrattuale di Yang, tira la sua bordata contro Yahoo:

“Look, we made an offer, we made another offer. It was clear that Yahoo didn’t want to sell the business to us, and we moved on.[..] We tried at one point to do a partnership around search, not advertising. That didn’t work either, so we moved on, and they moved on. […] We are not interested in going back and re-looking at an acquisition, […]I don’t know why they would be either, frankly.”

Posso solo immaginare la soddisfazione del volitivo CEO Microsoft che, snobbati i “saldi autunnali” di Yang, ora attende verosimilmente la “liquidazione totale” verso cui Yahoo sembra inesorabilmente avviarsi.