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New Economy, da Paese delle Meraviglie a Terra Desolata

Tagliare i costi. Riorganizzare. Ottimizzare. Non passa giorno senza che la stampa annunci nuovi licenziamenti (effettivi o rivelati come prossimi dai soliti anonimi bene informati) che come una mannaia si abbattono sui lavoratori della new economy.

Esempio 1: partiamo con qualcosa di semplice. A ottobre Loic Le Meur, ex responsabile di Six Apart Europe ed oggi CEO di Seesmic, annuncia il licenziamento di sette dipendenti. Quisquilie direte voi. E’ un terzo del suo staff, rispondo io.

Esempio 2: nel corso di tutto 2008 Nick Denton, praticamente l’inventore nano-publishing con Gawker.com nonché il primo a trarne guadagni di assoluto rilievo, ha provveduto in varie riprese a chiudere i blog meno produttivi. I vari editor sono stati a volte riassorbiti nei blog ancora funzionanti, più spesso “reimmessi” sul mercato. E questo nonostante gli introiti pubblicitari per Gawker siano cresciuti del 39 per cento nel 2008.

Esempio 3: la cronaca più recente racconta di “riorganizzazioni” da numeri a 3, 4 e persino 5 cifre. Sun Microsystems, per citare qualcuno, deve “sacrificare” ben 6000 persone, circa il 18 per cento della sua forza lavoro, nel processo di ristrutturazione che ne dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) salvare le sorti.

Esempio 4: che dire poi di Yahoo!? Il motore di ricerca uscito con le ossa rotte dalla “danza della morte” con Microsoft e Google ha comunicato già ad ottobre il licenziamento di circa 1500 persone, ovvero il 10 per cento della propria forza lavoro.

Esempi 5 e 6: La cronaca di queste ore è ancora meno incoraggiante delle premesse. Da un lato c’è Microsoft, che voci insistenti (seppur non confermate) vogliono prossima a licenziare 15mila dipendenti su 90mila, la maggior parte dei quali distribuiti tra Europa, Medio Oriente e Africa.

Dall’altro c’è il gigante (dai piedi d’argilla) Sony che – rivela The Times – sarebbe ad un passo da una radicale ristrutturazione che dovrebbe lasciare a terra non meno di 8mila dipendenti.

L’elenco potrebbe andare avanti a lungo, ma la sostanza non cambia: la crisi c’è, sta investendo pesantemente il mondo Hi-Tech e sta producendo un numero assai preoccupante di disoccupati prima ancora che – come mi suggeriva ottimista Tim O’Reilly – “eliminare i rami secchi del web 2.0“.

Il fatto che fosse stata abbondantemente prevista non consola. Cosa ancora peggiore, preoccupano persino le prospettive di spesa per il 2009 degli un tempo voraci consumatori americani, in barba alla pompa magna di eventi come CES e MacWorld, ormai privi della loro vera ragion d’essere.

Ci aspettano tempi duri.

Nanopublishing, Denton sopprime Valleywag

Con la notizia della chiusura di Valleywag, blog al vetriolo (parte di Gawker Media) specializzato nel gossip della Silicon Valley, la domanda sorge spontanea: l’età dell’oro del nanopublishing statunitense è finita?

Difficile rispondere. Certo, i tempi di gozzoviglio in cui un Jason Calacanis vendeva il suo blognetwork ad Aol per 25 milioni di dollari sembrano ora distanti ere geologiche.

Nick Denton, che di Gawker Media è il capo assoluto, non è nuovo al lancio di inquietanti segnali d’allarme rispetto allo stato e al futuro del nanopublishing business: lo scorso luglio, ad esempio, l’imprenditore aveva tagliato i compensi dei suoi blogger mentre in aprile aveva venduto tre dei suoi blog minori, ovvero Idolator, Gridskipper, e Wonkette.

Il perché dietro la chiusura di Valleywag è presto spiegato: secondo il chief editor Paul Boutin il traffico del blog “isn’t enough to pay for two writers, even with Ketel One ads on every page”, mentre secondo quanto afferma lo stesso Denton, il mercato della della pubblicità online si ridurrà presto di un devastante 40 per cento (qualcuno avverta Layla Pavone). Abbastanza per indurre l’imprenditore americano a tirare (forte) la cinghia prima che la carestia metta in ginocchio la sua azienda.

Ora non resta che scoprire se anche il nanopublishing nostrano si stia avviando verso la tempesta prevista dal capo di Gawker. Se così sarà, qui in Italia conosceremo la recessione dopo aver saltato a pié pari l’età dell’oro.

Danno e beffa.

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Gawker.com taglia (si fa per dire) i compensi dei blogger

E’ la madre di tutti i nanopublisher e da anni ormai fa scuola riscuotendo uno straordinario successo di pubblico. Parlo ovviamente di Gawker Media, il network americano di micro-editoria fondato da Nick Denton che poi tanto “micro” non è, considerando che il solo blog centrale al network (Gawker.com appunto) nell’ultima settimana ha registrato 3 milioni e 400mila visite nonché 4 milioni di pagine viste (qui le statistiche aggiornate quotidianamente).

Un mare di contatti che, tuttavia, sembrano non bastare a garantire il tenore di vita (mediamente piuttosto alto) dei suoi editor.

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