Qui alla web2.0 expo di Berlino il secondo giorno è trascorso tranquillo come il primo. Tranquillo perché, a conti fatti, non si può dire ci sia molto pubblico. Colpa della crisi, probabilmente, che oltre ad essere un tema assai ricorrente nei keynote visti in questi due giorni, deve infine avere inciso pesantemente sul numero di partecipanti.
La crisi, dicevo, della quale oggi è tornato a parlare Martin Varsavsky, imprenditore argentino fondatore e CEO di FON, che in una breve chiacchierata con Tim O’ Reilly si è simpaticamente preso gioco di coloro che oggi, nella Silicon Valley, gridano alla catastrofe come se essa fosse un fulmine a ciel sereno. “Chi sa guardare lontano ha visto la tempesta arrivare almeno un anno prima che, ad esempio, Sequoia Capital iniziasse a dare l’allarme”.
L’incapacità di prevedere l’andamento del mercato almeno nel medio termine, dunque, non è un difetto proprio solo del management italiano. Così come non lo è la pessima abitudine di investire precipitosamente e con leggerezza mucchi di denaro nel business del momento, salvo poi tirare precipitosamente i remi in barca quando le cose vanno male e l’investimento si rivela incauto.
Commenta infatti Varsavsky: “In certi periodi il mercato si rende disponibile ad investire ‘ridicole’ (perché eccessive ndr) quantità di denaro e periodi in cui invece ridicole sono le ragioni per le quali si rifiutano di farlo”.
Insomma, l’ottimismo dissennato di qualche anno fa viene ora travolto da una crisi che comunque è fisiologica e investe tutti i settori, non solo la web industry. Questo fa sì che gli investitori reagiscano eccedendo nel senso opposto e chiudendo i cordoni della borsa. “Se dovessimo lanciare oggi FON – aggiunge infatti Varsavsky –, oggi non troveremmo mai i soldi per farlo. E i risultati di FON ci dicono chiaramente che sarebbe un’occasione persa”.
Il talk si è concluso con una nota interessante sull’uso che gli utenti fanno dei router Fon. Esistono infatti sostanzialmente due modalità principali per fruire FON, dove una consente di condividere semplicemente la connessione con gli altri per “fare del mondo un posto migliore” e l’altra invece permette di guadagnare denaro condividendo con altri l’accesso in rete.
Secondo quando rivelato da Varsavsky, il popolo più “altruista” (più disposto a condividere gratuitamente la connessione) è quello dei giapponesi. Poi ci sono i tedeschi che, ad esempio, condividono per risparmiare sui costi di accesso e, (ovviamente) gli americani, che invece sono più portati ad usare FON per fare business e guadagnare.