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A Milano per lo Speciale Droni di Tim LiveOn4G

Schermata 2014-10-23 alle 07.59.58Oggi sono a Milano per condurre lo Speciale Droni di Tim LiveOn4G.

A partire dalle 15, dallo spazio Tim4EXPO in Triennale, mi attende una maratona di tre ore in diretta streaming sul sito liveon4g.tim.it, durante la quale proveremo a raccontare il fenomeno da più angolazioni: tecnologia (presente e futura), applicazioni (attuali e future, civili e militari), regolamentazione, mercato, curiosità.

Avremo molti ospiti tra i principali attori del settore; avremo video, immagini e (se il vento ce lo consentirà) metteremo in campo anche delle demo live da commentare in diretta. Il tutto anche per anticipare e lanciare DronItaly, che andrà in scena domani e dopo domani al centro congressi NH Assago.

Insomma, se vi interessano i droni e volete capirci qualcosa in più, non potete perdervi questa puntata speciale. Gli hashtag per commentare e fare domande sono #droni e #liveon4g.

Vi aspettiamo.

Verso Capri, per raccontare Capri-between 2014

Oggi si riparte per Capri-Between 2014. Per il quarto anno consecutivo, nei prossimi tre giorni il mio compito sarà video-intervistare quanti più relatori possibile, per sintetizzare e portare all’esterno il valore espresso durante quello uno degli appuntamenti più importanti dell’anno per il mondo TLC.

Non sarà semplice. Non lo è mai. E sarà difficile battere il record dell’anno scorso (42 interviste in tre giorni, alcune delle quali le trovate già scrollando un po’ la home page del sito dell’evento). Però ci si prova.

Se in questi giorni mi cercate e non rispondo, abbiate pazienza e magari insistete. Se invece venite anche voi, ci si vede lì.

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Panel – Scuola: dal libro al Tablet (Blogfest 2013)

Lo scorso aprile scrivevo su Agendadigitale.eu di cosa stia cambiando nelle nostre scuole. O meglio di cosa debba cambiare, e in fretta, affinché il sistema educativo italiano resti al passo con le esigenze di apprendimento dei nostri ragazzi. In primo luogo, ad essere messo in discussione è il format stesso di ciò che chiamiamo “lezione”:

La scuola come la conosciamo è al capolinea. Il modello di insegnamento frontale, con il docente dietro la cattedra intento a raccontare sempre la stessa lezione allo studente solo al suo banco, seduto davanti a un libro aperto, è un modello che non funziona più. Una modalità d’insegnamento resa obsoleta dagli stessi giovani che, vivendo immersi nella tecnologia e nella rete, hanno mutato radicalmente il loro modo di acquisire, organizzare e condividere la conoscenza. Di fatto, imponendo dal basso una vera e propria rivoluzione copernicana del nostro sistema scolastico.

Nell’era di Internet, delle connessioni mobili, della creatività e della condivisione, dell’accesso alle informazioni sempre ed ovunque attraverso device portatili sempre più smart, l’apprendimento non può più essere semplice trasferimento di informazioni e competenze, ma deve diventare qualcosa di più e di diverso:

L’apprendimento diventa esperienza creativa, sperimentata partendo da fonti certe (i libri di testo digitalizzati e resi multimediali, ma anche la rete e le sue voci), che impone agli studenti la selezione e l’organizzazione delle fonti e dei contenuti, così come la rielaborazione critica dello scibile messo loro a disposizione, da ricostruire dinamicamente in un contesto collaborativo e creativo. Un paradigma semplicemente opposto rispetto al passato.

C’è insomma una rivoluzione in corso nella scuola. Una rivoluzione che usa come leva per il cambiamento anche (ma non solo) la progressiva adozione di nuovi strumenti ad alto contenuto tecnologico come i Tablet, le cui reali potenzialità sono ancora tutte da esplorare.

Per capire cosa cambia nelle nostre aule, come cambia e che prospettive si aprono per l’apprendimento dei nostri figli, intervisterò per voi sul palco della Blogfest di Rimini:

– Francesca Folda (Direttore Focus)

– Dianora Bardi (Impara Digitale)

– Lorenzo Forina (Responsabile Marketing Consumer TIM),

– Antonio Tombolini (Simplicissimus)

 

L’appuntamento è per venerdì 20 settembre alle ore 16, presso l’Hotel Villa Adriatica, viale Amerigo Vespucci, 3 – 47900 – Rimini.

Ci vediamo lì.

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Alla Blogfest per parlare di startup hardware all’italiana

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UPDATE 2: la location del panel è il Club Nautico di Rimini, piazzale Boscovich, 12

 

Update: ho il piacere di annunciare che al panel parteciperà anche Paolo Barberis, co-fondatore di Dada e dell’acceleratore per startup  Nana Bianca

Anche quest’anno alla Blogfest mi tocca lavorare. Modero un panel il primo giorno, di cui scriverò poi, e un altro l’ultimo giorno, che ho organizzato personalmente e nel quale affronteremo alcune domande che meritano di essere poste, ovvero: perché ci sono così poche startup hardware in Italia? Cosa cambierebbe se ce ne fossero di più? E soprattutto, perché dovrebbero essercene di più e cosa fare affinché il miracolo accada?

Il titolo e la sintesi del panel, che potrete vedere “live” domenica 22 settembre alle 10.30 presso il Circolo Nautico di Rimini, sono i seguenti:

Startup Hardware all’italiana: perché sono poche, perché dovrebbero (e potrebbero) essere molte.

Non esiste solo il software. Quando talento, nuove tecnologie e fiuto imprenditoriale si uniscono, il risultato non deve essere necessariamente il prossimo facebook o la prossima killer app, ma può essere un prodotto tangibile, dell’utile Hardware da toccare con mano. Le storie dietro oggetti come Pebble Watch e la console Ouya, o ancora le esperienze italiane di Jusp e PlusPlugg, insegnano come le startup hardware possano creare oggetti nuovi e rivoluzionari, ma anche che spesso debbano riuscirci affrontando notevoli difficoltà.
L’Italia, che nonostante anni di  profonda crisi economica vanta ancora eccellenti capacità industriali, meccaniche e meccatroniche, potrebbe essere il luogo ideale dove far fiorire startup hardware di successo, le quali  invece si contano ancora sulla punta delle dita.  Proviamo a capire insieme perché e come fare meglio.
Gli ospiti sono:
– Jari Ognibeni, co-founder e managing partner Industrio
– Claudio Carnevali, Ceo e fondatore  di Openpicus
– Giuseppe Saponaro, co founder e COO di JUSP
– Paolo Barberis, co-fondatore di Dada e dell’acceleratore per startup  Nana Bianca
Nell’ora a nostra disposizione cercheremo di dare qualche risposta e di porre qualche altra domanda – speriamo – utile a promuovere il dibattito stimolare l’interesse verso un’opportunità di crescita e innovazione che di interesse ne merita tanto. Sia da parte dei potenziali imprenditori, sia da quella degli investitori.
Intanto, giusto per invogliarvi, metto di seguito l’incipit di un pezzo sullo stesso tema pubblicato su Agendadigitale.eu, nella quale intervisto proprio Ognibeni e Carnevali insieme con Marco Magnocavallo, co-fondatore dell’acceleratore Boox e già partner del Venture Capital italiano Principia, e il sempre ottimo Fabio Lalli, Ceo  di Iquii.
Nel caso, ci si vede a Rimini.
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La dura vita delle startup hardware italiane
C’è chi, nel profondo Nordest, si sta attrezzando per scommettere sulle potenzialità del nostro Paese in questo ambito. Ma c’è di fondo un problema culturale, di distribuzione e di approccio al funding che ostacola lo sviluppo di questo tipo di startup. Eppure ci sono novità che fanno ben sperare. Ce ne parlano gli addetti ai lavori specializzati

Startup hardware, capaci di convogliare tecnologia, know how e idee innovative in un prodotto tangibile, che esista nel mondo reale, che si possa toccare con mano. In Italia ce ne sono molto poche. In Italia dovrebbero essercene molte di più: il nostro Paese, nonostante anni di crisi, ha ancora dalla sua delle capacità industriali, meccaniche e meccatroniche uniche al mondo. Qualcosa su cui puntare oggi più che mai per rilanciare l’economia in ginocchio, per valorizzare il talento, per creare nuovo valore.
Continua a leggere su Agendadigitale.eu

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Credit per l’immagine: Roberto Grassilli

(Good) State of the Net 2013

C’è bisogno di qualità. C’è bisogno di sostanza. C’è (grande) bisogno di contenuti, idee, prospettive. Perché la conoscenza è potere, il potere di cambiare le cose. Anche in questo povero, vecchio, stanco Paese in ginocchio.

state of the netC’è bisogno di confronto, di testimonianze fresche, raccolte dentro e soprattutto fuori dai nostri confini.

C’è bisogno di Internet, degli strumenti e tecnologie abilitanti che essa porta in dote, tanto quanto di saperli comprendere a fondo, osservare dall’alto, da lontano. Di inquadrarli in un sistema, disporli lungo il filo di uno storytelling sapiente e capace di raccontarne passato, presente e soprattutto futuro.

C’è bisogno di sano networking consumato bevendo dell’ottimo vino a due passi dal mare.

C’è bisogno di gente capace, che sappia rendere tutto questo possibile.

C’è bisogno di  State of the Net. E se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.

 

 Scatti da State of the Net 2013

 

Il servizio di Celia Guimaraes per Rainews24

 

State of the Net è Rock (playlist dell’evento)

Giornalisti e citizen journalist, c’è posto per (e bisogno di) tutti

Internet fa bene o male al giornalismo? Una domanda ricorrente, che da anni risuona nei convegni, durante i telegiornali, persino davanti ai banconi del bar. Ma se la domanda non è cambiata, a mutare nel tempo è stata sicuramente la risposta. All’inizio, l’opinione diffusa tra gli operatori del settore era che blog prima e social network poi fossero come una pistola carica nelle mani di giornalisti improvvisati, incapaci di verificare le fonti o distinguere la verità dalle fandonie, ma in compenso abilissimi nel diffondere e rilanciare balle incontrollabili e spesso anche pericolose.

Questo forse in parte era vero e in parte –obiettavano gli entusiasti del nuovo “giornalismo dal Basso” – un tentativo estremo ed inutile della stampa di difendere posizione, ruolo e privilegi. Quale che fosse la ragione, quel periodo di duro confronto sembra essere ormai alle spalle: la conferma arriva da alcune testimonianze raccolte durante la seconda giornata del Social Media World Forum a margine di un panel dedicato a “Social media and the news”. Il primo a dare un’idea precisa del nuovo corso è Mark Jones, Global Community Editor per Reuters, secondo il quale “i media sociali stanno migliorando il giornalismo, perché mettono a disposizione di chi fa informazioni nuove e valide fonti, diffondendo informazioni in un formato chiaro e semplice da usare”.

Gli fa eco Nick Petrie, Social Media & Campaigns Editor per The Times, che arricchisce il quadro sostenendo che “uno dei principali cambiamenti introdotti nella professione dall’avvento dei social media è che i giornalisti non hanno più il controllo delle storie che raccontano”, perché nel momento in cui le pubblicano esse appartengono ai lettori. Questi si guardano bene dal fruirle passivamente e le rilanciano, integrano, commentano oppure demoliscono mentre ci costruiscono intorno una conversazione alla quale il giornalista può e deve partecipare, che può provare a indirizzare ma che non può governare. E questo perché, dice sempre Petrie, nel moderno mondo dei media, “una volta pubblicata, la storia di ognuno diventa la storia di tutti”.

In questo contesto incredibilmente dinamico, dove l’ informazione è liquida e scorre ad altissima velocità, il mestiere del giornalista non passa certo di moda, ma assume una funzione nuova e richiede nuove skill: se infatti è vero che la “verifica delle nuove fonti è ancora una forma d’arte in via di definizione” – come ammette ironicamente Mark Jones – altrettanto vero è che il lavoro del giornalista si focalizza sempre di più sulla “content curation”, ovvero sulla selezione, la verifica dell’attendibilità, la cura (di forma, struttura), e la presentazione dei contenuti giornalistici dispersi nel world wide web. Oltre che ovviamente la produzione di approfondimenti ed analisi.

E se la cura dei contenuti diventa centrale alla professione, magari agevolata dal fatto che i social media consentono al giornalista di sentire il polso del lettore e capire cosa gli interessa davvero, allora la velocità di pubblicazione passa – finalmente – in secondo piano. Perché nessuna testata, per quanto grande, può competere con un esercito composto da milioni di potenziali citizen journalist, e perché il fattore differenziante, il focus del lavoro giornalistico diventa l’analisi delle cose e dei fatti. Che per definizione richiede tempo.

“Il giornalismo è cambiato, passando dal controllo dell’agenda delle notizie alla content curation e alla produzione di contenuti di qualità”, spiega infatti Peter Bale, Vice Presidente e General Manager per Cnn. Che poi sentenzia: “Un pezzo di 600 parole pubblicato due giorni dopo un evento ormai è morto in partenza. Oggi è tutto breaking news da 140 caratteri cui devono fare seguito approfondimenti di qualità”. Ed è qui che i professionisti del mestiere possono e devono fare la differenza.

Altro tema emerso a Londra riguarda la presenza del giornalista in rete: nel web sociale, dove la personalità emerge prepotentemente dietro la professionalità e dove il confine tra pubblico e privato diventa labile fino a sparire, “ogni giornalista è un brand” – afferma ancora Peter Bale – e deve svolgere un ruolo di ambasciatore presso gli utenti, contribuendo in prima persona all’immagine e alla credibilità della propria testata.

E quando infine chiediamo agli intervistati quali sono secondo loro le abilità fondamentali che ogni giornalista moderno dovrebbe avere, questi rispondono all’unanimità: deve abitare e conoscere i social media, sapere mettere in relazione fatti, notizie e fonti per effettuare puntuali verifiche incrociate e, soprattutto, deve essere (molto) scettico.

NB: Questo pezzo è tratto da Wired.it dove è stato pubblicato sotto licenza Creative Commons.

Social Networking World Forum

Se i network sociali sono il fenomeno del momento, allora il Social Networking World Forum è probabilmente l’evento che meglio promette di rappresentarne stato dell’arte, tendenze, prospettive.

In programma all’Olympia Conference Centre di Londra dal 9 al 10 marzo, l’SNWF presenta già ora un nutrito programma di interventi con nomi di tutto rilievo, tra i quali segnalo Anthony Lukom, managing director per MySpace UK; Lorenz Bogaert, CEO Netlog; David Jones, vice presidente Global Marketing per Friendster; Michael Donnelly, direttore Worldwide Interactive Marketing per The Coca-Cola Company; Natalie Johnson, manager Social Media Communications presso General Motors; Tony Douglas, responsabile Marketing Innovations di BMW.

Ecco una sintesi del programma per le due giornate:

Day 1 – Social networking strategies

With the ever-increasing social use of the internet, websites have become the setting for discussion of ideas, opinions and transactions. These conversations are taking place within the framework of social networks. The challenge for marketers and advertisers alike is to leverage the power of these new social networks to create innovative and original brand experiences. Day 1 will examine these issues.

Day 2 – Content,advertising and engagement

Social networking sites are becoming increasingly attractive to the content provider and advertiser. Precise targeting of the consumer with teaser video clips and increasingly clever advertising can drive programs, brands or products growth. Day 2 will look at the strategy and development of content services, how to create revenue streams from sites, the appeal for advertisers and brands and in conclusion, what the future holds for the social network.

Come se non bastasse, l’SNWF si svolgerà in contemporanea e nella stessa area del Mobile Social Networking Forum, evento parallelo e complementare al primo dove però il focus si sposta sul mercato emergente del social networking in mobilità.

Per conoscere il programma esteso di entrambi gli eventi potete consultare la brochure (in formato .Pdf) disponibile sul sito ufficiale dell’SNWF.

Nel caso decidiate di partecipare, ci vediamo a Londra.

Verso la Web2.0 Expo 2008 di Berlino

Dal 21 al 23 ottobre Berlino torna ad essere anche quest’anno capitale europea della nuova Rete ospitando la Web2.0 Expo.

Per tre giorni la grande macchina organizzativa di Tim O’Reilly accoglierà infatti nel Berliner Congress Center di Alexanderstraße decine di relatori, europei e non, accorsi per intervenire su temi divisi in quattro principali categorie: Strategy & Business Models; Marketing & Community; Development; Design & User Experience.

Personalmente, segnalo fin d’ora almeno quattro interventi che intendo assolutamente seguire nei giorni della kermesse e dei quali cercherò di dar conto sul blog:

1) The Emerging Business Risks of Web 2.0 Models – Drew Bartkiewicz;

2) Niche Online Social Networks FTW – Lee Bryant

3) The Truth about Social Network Advertising (The One VCs Don’t Wan…) – Scott Rafer

4) Marketing to Online Communities: Lessons from Early Adopters – Jeff Bates

Insomma, ci vediamo lì .

Per saperne di più:

Il programma della Web2.0 Expo 2008 di Berlino

International Forum on Enterprise 2.0

Il prossimo 25 giugno Varese ospiterà l’International Forum on Enterprise 2.0, convegno dedicato al

“Web 2.0 che valica le porte delle aziende – cambia radicalmente il funzionamento dei mercati e delle organizzazioni, aprendo grandi spazi di innovazione per tutti i processi strategici delle società e, in particolare, per la gestione della conoscenza e dei meccanismi di apprendimento”.

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