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Facebook facts

Sapevate che sono circa 400 milioni le persone che almeno una volta al mese accedono al loro profilo su Facebook? Oppure che il 44,4% dei danesi ha un profilo sul social network di Zuckerberg? O, ancora, che l’acronimo F.A.D. (che peraltro in inglese significa “mania”, “capriccio” o “fisima”), sta per Facebook Addiction Disorder ed è una malattia mentale riconosciuta?

Queste e altre informazioni sono raccolte nella bella Infografica pubblicata di recente da Social Blade Show e realizzata da Online PhD Programs.

Un click sull’immagine di seguito per raggiungere il post in questione.

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Roberto Binaghi, presidente IAB Italia, sul futuro dell’advertising online

Durante lo IAB Forum di Roma ho avuto modo di fare quattro chiacchiere con Binaghi e rilevare il suo ottimismo (così come le sue preoccupazioni) rispetto al futuro della pubblicità online in Italia:

“Per il 2010 ci aspettiamo una crescita dell’advertising online pari al 12 per cento: il doppio della crescita della pubblicità televisiva e il quintuplo di quella del mercato nel suo complesso”. Roberto Binaghi è il presidente di IAB, l’associazione che si occupa dello sviluppo della comunicazione pubblicitaria interattiva, e vede la luce della ripresa attraverso la lente di Internet: “Circa il 90 per cento delle imprese italiane ha in programma di aumentare gli investimenti sull’online nei prossimi due anni. Facciamo parte di un’industria che sta crescendo in un contesto economico non favorevole”.

Continua a leggere l’intervista sul sito de L’espresso.

Lessig, Google Books e il futuro della cultura

Lawrence Lessig dice la sua sull’accordo tra Google e l’associazione degli editori americani, grazie a cui milioni di libri oggi fuori stampa verranno scannerizzati e resi disponibili online attravreso Google Books.

In un lungo saggio, pubblicato su The New Republic e intitolato “For the Love of Culture – Google, copyright, and our future”, il principale sostenitore della riduzione delle restrizioni legali sul diritto d’autore evidenzia i limiti dell’accordo (165 pagine liberamente consultabili), sottolineando in particolare i pericoli per la libera circolazione della conoscenza derivanti dalle attuali leggi sul diritto d’autore.

The deal constructs a world in which control can be exercised at the level of a page, and maybe even a quote. It is a world in which every bit, every published word, could be licensed. It is the opposite of the old slogan about nuclear power: every bit gets metered, because metering is so cheap. We begin to sell access to knowledge the way we sell access to a movie theater, or a candy store, or a baseball stadium. We create not digital libraries, but digital bookstores: a Barnes & Noble without the Starbucks.

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Il futuro visto dall’America

La brutta notizia è che i primi dieci anni del 2000 sono percepiti dagli americani come il periodo peggiore degli ultimi cinquant’anni. La buona è che l’orribile decade è finalmente alle nostre spalle e che, almeno secondo i 1504 statunitensi intervistati dal prestigioso Pew Research Center, già in questo 2010 avrà inizio un futuro migliore.

Guerra in Iraq, crisi economica, avvento dei reality show: la ricerca pubblicata a dicembre dal Pew evidenzia le cause di un pessimismo diffuso e radicato, confermato dal fatto che la maggioranza degli intervistati riconosce negli attacchi dell’11 settembre l’evento più importante del decennio appena trascorso, con l’elezione del presidente Barak Obama che si attesta solo al secondo posto.

La cosa interessante è che le speranze risposte nel prossimo futuro dipendono in buona parte anche dalla “overwhelmingly positive light” sotto cui la maggioranza dei partecipanti all’inchiesta vede i “progressi tecnologici e nelle comunicazioni” degli ultimi anni. Si legge infatti nella summary:

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Unfriend è la parola dell’anno

Quando l’innovazione investe la lingua e viene ratificata da un’istituzione come L’Oxford American Dictionary, quello a cui ci troviamo di fronte è inevitabilmente il segno dei tempi che cambiano, una piccola finestra che si apre sul futuro della nostra società.

La notizia di oggi è che la parola “Unfriend” è stata nominata “Word of the Year” dalla prestigiosa istituzione americana. Per chi non dovesse avere dimestichezza con i social network, “to unfriend” significa cancellare un contatto dalla lista dei propri amici in luoghi della rete come Facebook o MySpace.

Altrettanto notevole è il fatto che la Oxford University Press ha dato notizia del fatto sul proprio blog ufficiale, dove vengono spiegate le ragioni  della scelta:

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The Lord of MySpace

Dalle pagine di Wired, Spencer Reiss ci regala un’ottimo articolo su Rupert Murdoch e la sua ultima avventura imprenditoriale targata MySpace. Il tema è: Murdoch intende trasformare il free social network più grande al mondo in una colossale “marketing machine”; ha avuto l’idea del secolo o gli ha dato di volta il cervello? Buona lettura.