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Voce del verbo “fotografare”

Da bambino ero dislessico. Una forma leggera, che nessuno, specie in un piccolo paese di provincia, aveva saputo riconoscere. Se ne accorse tanti anni dopo il mio insegnante di tedesco, grafologo. “Sei anche un mancino forzato sulla destra”, aggiunse. Definitivo e diretto come solo un teutonico originario della Schwarzwald sa essere.

  
Mai saputo scrivere decentemente – men che meno disegnare – ancora oggi leggo lentamente. E se ho fatto la scuola dell’obbligo con onore, lo devo al fatto di non essere un completo idiota, ma soprattutto a mia madre, che passava ore seduta accanto a me a farmi fare i compiti, a combattere contro la mia incapacità di concentrarmi, di dedicarmi per più di qualche minuto di seguito alla stessa cosa senza desiderare di scatenare una guerra termonucleare globale. Un conflitto interiore e segreto che ora combatto da solo, ogni giorno con successo, solo perché nel tempo ho imparato come vincerlo, perché ho escogitato mille trucchi, e forse anche perché mi piace il risultato. Ho imparato ad amarmi. 
Una lotta dura, crudele, senza pietà quella per scrivere. La concentrazione che richiede, il tempo seduto da passare immobile su una sedia, la necessità di avere le idee chiare, la magia di vedere comparire nella mente le parole giuste. 
Eppure scrivere è il mio mestiere. È ciò che sono e che amo. È ciò per cui sono nato. E per questo ho imparato. Ho imparato come fare, come vincere questa strana battaglia da sempre in corso nel centro di ciò che sono. 
Prima era più difficile, poi qualcosa è cambiato. Altri modi di raccontare si sono aggiunti alla parola scritta, l’hanno completata e arricchita, di fatto trasformata. Parlare in pubblico, far parlare gli altri. Ma, sopra, ogni cosa, fotografare.
La fotografia mi ha trovato prima che io trovassi lei, complice una tecnologia sempre più facile, diffusa, pervasiva. Se mi guardo indietro, vedo chiaramente che ho iniziato grazie a (o per colpa di) Instagram. Poi ho continuato, spinto dai consigli pieni di affetto di chi aveva visto qualcosa in me. E poi ancora, sono andato avanti perché semplicemente era bello. Immensamente bello. 
Sono un nerd. Questo è chiaro a tutti. E per me stringere tra le mani uno strumento che sfrutta le leggi meravigliose e perfette della fisica, che concentra gli ultimi ritrovati della tecnologia, tutto per darmi la possibilità, anche solo per caso, di creare qualcosa di bello, è una gioia indescrivibile. È la rivincita sulla matita e sui colori. È la sintesi della mia capacità di raccontare.
Non penso di essere un fotografo. Sono arrogante, ma non fino a questo punto. Sono piuttosto un giornalista che racconta storie, unisce i puntini, cerca di definire quanto gli accade intorno con ogni strumento a sua disposizione: la parola, che sia pronunciata ad alta voce o scritta. E le immagini. 
Le ho scoperte tardi, le immagini. Bene così. Perché probabilmente la mia incostanza si sarebbe infranta miseramente contro i tempi lunghi e le complicazioni dell’analogico. 
Invece il digitale mi ha accolto tra le sue braccia con dolcezza, con amore e complicità: poter scattare e vedere subito il risultato, capire in tempo reale gli errori. Poter condividere online le immagini e ricevere feedback immediati, confrontarsi con l’esperienza di persone competenti ovunque si trovassero. Crescere rapidamente.
E capire che si poteva fare. E farlo capire agli altri, semplicemente esponendosi sui Social, per costruire in fretta una presenza, una percezione di sé, che in un circolo virtuoso alimentasse anche la voglia di fare meglio, di imparare ancora. 
In cinque anni ho fatto quello che venti anni fa ne richiedeva 15. E l’ho fatto sempre e solo con gioia. Perché questo è la fotografia per me. Gioia assoluta. Il superamento delle parole e delle difficoltà ad esse legate. La sintesi di ciò che vedo e sento. La condivisione del mondo così come lo vedo e avverto. Premendo un tasto.
Sì, certo, è più complicato che premere un tasto. Ma ormai la mia macchina è un’estensione delle mie mani. Non devo più pensare e le dita viaggiano da sole, come nell’amore. Quello in cui non servono parole e le coincidenze non esistono.
Quindi, in fondo, basta premere un tasto. Cosa che faccio quando vedo arrivare una foto – perché la vedo arrivare sì, più spesso di quanto sarebbe lecito ammettere – o quando voglio raccontare la bellezza di un essere umano, che mi sembra così facile scorgere.
Sono un giornalista, non sono un fotografo. Ma scrivere mi costa da sempre mentre fotografare è una delle cose più belle è facili che mi sia capitato di fare nella vita. 
E il fatto stesso che abbia dovuto scrivere per spiegarlo, ha una sua dolce, sottile, meravigliosa ironia.

A.J.

(foto scattata a Dublino con la d600 di Luca Sartoni)

Medioera, gli ospiti del panel “artigiani aumentati”: Alessandro Molinari (Garage Design)

Venerdì 20 luglio a partire dalle 21 a Viterbo, in piazza del Gesù (e in live streaming qui grazie a Telecom Italia), il panel sugli “artigiani aumentati” che reinventano il futuro. Un post alla volta, vediamo insieme chi sono i panelist.

Chi è Alessandro Molinari: è nato a Finale Emilia Modena nel 1962. Arriva alla comunicazione seguendo un percorso atipico, sperimentale e multidisciplinare, che parte da una formazione nel campo dell’elettronica industriale, passa dalla musica, nel fecondo panorama underground emiliano negli anni ’80, e poi attraversa le varie esperienza di pioniere del web nei primi anni ’90, fotografo e videomaker. Oggi è consulente di immagine per aziende del settore design, cosmetico e moda, titolare di 00:am, una casa di produzione di idee che concepisce e gestisce progetti di comunicazione emozionale fluidi e sinergici tra i più diversi linguaggi, co-fondatore di Garagedesign, il primo atelier e webshop del design inedito.

Cos’è GarageDesign : è insieme showroom virtuale, webshop e atelier di produzione per oggetti di design inediti: un luogo-modello, in cui si incontrano chi crea progetti d’avanguardia con chi è alla ricerca di oggetti speciali da acquistare.
Giunto quest’anno a due anni dal lancio, Garagedesign continua la sua opera di talent scounting attraverso la promozione di bandi liberi, a cui ogni designer – ma anche architetto, artista, progettista in senso lato – può partecipare inviando un progetto, novità assoluta o già presentato, purché mai prodotto e lanciato sul mercato. Ottimizzando il talento della rete, attraverso un’attività di crowdsourcing, Garagedesign è una piattaforma di incontro e dialogo tra designer, artigiano e consumatore, anzi consum-attore, dal momento che, in una logica di eliminazione degli sprechi, ogni oggetto viene prodotto solo su richiesta, ad un prezzo equo, che remunera il lavoro economico “reale” e non il plusvalore di un brand famoso. In questo modello di business si intravede anche la possibilità di un prezzo flessibile in base al gradimento del pubblico, ossia un’economia di scala autogestita dai consumatori.
Data la forza innovativa del concept e dall’obiettivo di fare sistema tra i vari punti di forza del made in Italy, spesso parcellizzati e dispersi, il sistema Garagedesign ha attratto l’interesse di alcune aziende, interessate a sviluppare bandi a tema, per creare un gruppo di lavoro creativo libero ma testato. La prima collaborazione in questo senso è stata presentata al Fuorisalone 2012: 18 progetti di cucine compatte, ergonomiche ed ecologiche progettare in rete per SCIC.

Verso Londra e il Social Media World Forum Europe #smwf

Oggi si parte verso Londra. Domani e dopo domani seguirò il Social Media World Forum Europe per abbuffarmi di novità sul settore articolate in ben sei track:

The fourth annual SMWF Europe will be the biggest show yet, gathering around 4000 industry professionals; delivering experience and practical, hands-on guidance from a huge collection of the world’s leading marketing and business minds.

This year SMWF includes six conference streams, focusing on the fundamental social media disciplines that our expert industry partners and SMWF community members believe are the key areas of growth and opportunity within the social media space.

–    Social Media Marketing
–    Social TV
–    Enterprise B2B and Social Marketing
–    Social Shopping and ecommerce
–    Marketing Tech Toolbox
–    Mobile Marketing

 

Ce n’è abbastanza per impazzire – specie considerando l’esercito di speaker concentrati in due soli giorni – e di certo sarò costretto a molte e dolorose rinunce. Per fortuna non sarò solo, dal momento che accedo all’evento grazie a e collaborando con Wired.it.

Se andate anche voi, ci vediamo lì. E se non ci conosciamo, riconoscermi sarà facile: sono quello che si agira per la manifestazione insieme all’Internet guru Guido Arata.

Non potete sbagliarvi.

Google pubblicizza Google+

La pagina bianca, pura e intonsa, con cui Google da sempre ci presenta la striscia del suo motore di ricerca è anche uno degli spazi pubblicitari più ambiti al mondo. Chi infatti non vorrebbe mettere il proprio adv in un luogo della rete frequentato da 99 milioni di utenti unici a settimana?

Una miniera d’oro (quasi) mai sfruttata, la home di Google, che proprio grazie all’approccio grafico super-minimalista ha contribuito negli anni definire l’immagine del motore di ricerca ed il suo brand, conferendogli tra le altre cose una certa eleganza e serietà.

Ora però a Mountain View hanno deciso di fare un piccolo strappo (è già successo in passato, seppur molto raramente) per pubblicizzare l’apertura al pubblico della loro recente creatura di Google+. Niente di invasivo: solo una delle tante animazioni che si attivano cliccando sul logo in home, e che in questo caso fa apparire una freccia blu indicante il link d’accesso a Google+ (vedi screenshot sotto).

Uno strappo alle ferree regole di comunicazione e immagine di Google che sembra testimoniare al contempo due cose: un’evoluzione nel modo di presentarsi al mondo del colosso americano, forse maturata a seguito dell’avvicendamento ai suoi vertici; ma anche e soprattutto quanto sia importante per l’azienda il suo neonato progetto “anti-facebook”.

Ora la domanda è: siamo di fronte all’ennesima e finale “spinta” impressa a un social network già ben lanciato e che ora apre finalmente al pubblico, oppure la scelta inusuale è dettata dalla necessità di ravvivare l’interesse dell’utenza (reale e potenziale) che secondo molti esperti sarebbe già in declino?

Update:

Andrea contino mi chiede nei commenti e dal suo blog cosa penso delle parole di Stewe Boyd, il quale senza mezzi termini dice che G+ plus è morto:

Google+ is dead. At worst, in the coming months, it will literally fade away to nothing or exist as Internet plankton. At best, it will be to social networking what Microsoft’s Bing is to online search: perfectly adequate; fun to stumble onto once in awhile; and completely irrelevant to the mainstream web.

Boyd non è l’unico a pensarla così. Ieri ho letto un post di Dan Reimold, blogger di grande seguito, che paragonava il numero di rilanci che i suoi post hanno su Twitter, Facebook e Google +, con quest’ultimo che ne usciva con le ossa rotte. Dal canto suo, il giornalista Rainbow Rowell lo ha definito con splendida cattiveria come “una città fantasma senza neanche i fantasmi rimasti a infestarla.”

Io avrei la stessa impressione, ma vedo anche che questi pareri si basano tutti su dati raccolti empiricamente intorno a singoli account che, per quanto seguiti possano essere, probabilmente non riescono ad essere rappresentativi di quanto accade in un SN da 25milioni di iscritti.

In assenza di dati più precisi, temo comunque avesse ragione Paul Tassi quando su Forbes scriveva che, semplicemente, la gente non ha il tempo per un altro social media.

La verità è che c’è posto solo per un Facebook, e chi arriva dopo Zuckerberg ha solo due possibilità: creare qualcosa che sappia prendere il posto dell’onnipresente SN, oppure fallire.

Del resto, tutti noi abbiamo anche una vita reale da vivere, no?

google+ adv

via

USA 2012, Obama torna in Rete ma forse ha perso il “tocco magico”

In una breve intervista Micah L. Sifry, co-fondatore e direttore di TechPresident.com e del Personal Democracy Forum, propone una visione critica e disincantata della ormai storica campagna politica online messa in campo da Barack Obama nel 2008 e, con l’occasione, spiega anche perché a due anni di distanza sia diventato tanto difficile per il presidente USA ripetere quello straordinario successo (tratto da Nova24 – IlSole24Ore di Giovedì 14 aprile, pagina 21).

sifryA sorpresa, Barack Obama è ridisceso nell’arena della rete per lanciare la campagna elettorale del 2012. Nella memoria è ancora fresco il ricordo delle strabilianti ascesa e vittoria con cui ha conquistato la poltrona di presidente degli Stati Uniti d’America, eppure da allora molta acqua è passata sotto i ponti.

Dal successo politico del 2008 ci separa una sonora sconfitta incassata dai Democratici alle importanti elezioni di medio termine, ma anche un calo di popolarità del presidente USA presso i suoi sostenitori. Un declino facilmente spiegabile secondo Micah L. Sifry, co-fondatore e direttore di TechPresident.com e del Personal Democracy Forum, che ha condiviso con noi la sua visione fortemente critica.

In primo luogo, Sifry si dice d’accordo con chi lo accusa di aver interrotto la conversazione in rete con i suoi sostenitori subito dopo aver vinto le elezioni, di fatto preferendo una strategia di comunicazione più tradizionale e meno “pericolosa”. Poi rincara la dose quando afferma che «la campagna online del 2008 è stata dipinta migliore di quanto non fosse realmente, perché attraverso di essa il futuro presidente non ha usato le tecnologie disponibili online per condividere potere con gli elettori, bensì ha distribuito compiti, di fatto accrescendo la propria forza invece di rafforzare coloro che lo sostenevano».

Ma a cosa si deve il crescente allontanamento post-elezioni della presidenza dall’elettorato? «Dopo il voto è venuta meno per Obama e per il suo staff la necessità di interagire con una base di elettori attivi e tecnologicamente abilitati». Ad essa ha fatto posto «l’esigenza di gestire una macchina di comunicazione ormai collaudata, facile da controllare e – per usare le parole di David Plouffe per definire la loro mailing list da 13 milioni di elettori – persino “migliore della televisione”. Uno strumento con cui aggirare i media mainstream» e parlare direttamente ai cittadini. Se la cosa non ha funzionato dipende dal fatto – spiega ancora Sifry – «che non si può ordinare a un volontario di fare questo o quello, lo si deve motivare» altrimenti la macchina di comunicazione, per quanto sofisticata, tecnologica e social, non serve a nulla.

Insomma, quando chiediamo se Obama riuscirà a ripetere la “magia” del 2008, Sifry risponde spietato: «Non ci sarà magia in queste elezioni, solo frustrazione e disperazione. Obama farà molta fatica a motivare la sua base a causa dei molti compromessi ai quali è dovuto scendere. La principale motivazione dei suoi sostenitori – continua – sarà vincere sui Repubblicani, ma un voto “contro” non ha neanche lontanamente la forza di un voto a favore. Ciò detto, Obama parte in vantaggio perché nessuno può vantare al suo attivo asset come il sito my.barackobama.com, una mailing list da milioni di utenti e 17 milioni di amici su Facebook».

Obama e la rete, nel bene e nel male – #ijf11

nova24_pg22_Graham-felsen_sifry“It begins with us”. Con un claim di sicuro effetto, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha lanciato online la campagna per il suo secondo mandato, ben venti mesi prima delle elezioni 2012.

Quali i segreti delle straordinarie ascesa e vittoria che hanno caratterizzato le ormai storiche elezioni del 2008? Quali le sfide e gli ostacoli che l’attuale presidente USA deve affrontare nel rivolgersi di nuovo ai suoi supporter online (che, secondo molti osservatori, avrebbe “trascurato” dopo essere stato eletto)?

Ne abbiamo parlato con Sam Graham-Felsen, che nel 2008 di Obama fu il Chief Blogger, e con Micah L. Sifry, fondatore di Techpresident.com e del Personal Democracy Forum, che ha condiviso con noi la sua visione fortemente critica del “miracolo” Obama. Due interviste che trovate oggi, 14 aprile 2011, su Nova24 – IlSole24Ore a pagina 22.

Di questo e di molto altro parleremo ancora sabato prossimo al Festival del Giornalismo di Perugia, durante un panel intitolato “L’informazione politica nell’era dei media sociali” al quale parteciperanno gli stessi Sifry e Graham-Felsen insieme con Stefano Epifani, Antonio Sofi e Dino Amenduni.

Nel caso, ci vediamo alle 18 presso la Sala dei Notari.

Occupare la storia per salvare il futuro

Sergio Maistrello, straordinario come sempre, sulle proteste studentesche di questi giorni:

Ma io mi ostino a pensare che questa protesta, geniale e coinvolgente, degli studenti che si prendono i luoghi simbolo d’Italia non sia tanto contro questa riforma e contro questo governo. Quelli sono il pretesto, la notizia buona per i titoli del tg. La scintilla che innesca. Mi piace invece pensare che stiano protestando per lo sfascio, per l’arroganza, per il cinismo, per la miopia che gli ultimi venti o trent’anni di storia italiana, con governi di ogni colore, hanno riservato loro. Per lo stato in cui è ridotto l’intero sistema della formazione nazionale, per la precarietà degli edifici, per la prostrazione degli insegnanti, per la tristezza delle ultime riserve di potere, per il tedio dell’ennesima riforma che sai già destinata a impoverire ancora. Per lo spettacolo disonorevole di questi anni. Mi piace pensare che questi esuberanti giovanotti abbiano trovato il coraggio, la motivazione e l’intuizione per fare quello che noi ex-studenti sfuggiti per un soffio al collasso, noi genitori che portiamo a scuola la carta igenica per i nostri figli, noi adulti tramortiti al pensiero dell’eroismo quotidiano che ci sarebbe richiesto, non siamo stati capaci di fare: ritrovare dignità, alzare la voce, riprenderci – almeno simbolicamente – ciò che ci spetta. Per questo trovo quei monumenti occupati un’immagine potente come non se ne vedevano da anni. Per questo auguro a tutti noi che non si stanchino o non siano distratti troppo presto. E per questo, come altri in queste ore, penso che su quei monumenti dovremmo esserci anche noi.

Via Gilioli e Mantellini

Pubblicato il report Audiweb Trends di settembre

Secondo Audiweb:

Sono 32,9 milioni gli Italiani tra gli 11 e i 74 anni che dichiarano di avere un accesso a internet da qualsiasi luogo e attraverso qualunque device.

Nell’ultimo anno cresce del 26,1% la disponibilità di accesso individuale da cellulare, raggiungendo l’11% della popolazione, 5,3 milioni di persone.

Nel mese di settembre risultano 24 milioni gli Italiani che hanno navigato almeno una volta attraverso un PC, il 43,9% della popolazione con più di 2 anni.

il resto qui

Investimenti pubblicitari: bene tv, Internet e radio. Male la stampa

Nielsen ha appena reso pubblici i nuovi dati sull’andamento dell’advertising market in Italia nei primi sette mesi del 2010. La prima notizia è che gli investimenti pubblicitari delle oltre 15.700 aziende inserzioniste registrano una crescita del + 4,9%, per un giro d’affari stimato in oltre 5 miliardi di euro.

La seconda notizia, meno incoraggiante, è che la “crescita che riguarda tutti i media principali, ad eccezione della stampa, e tutti i settori tradizionalmente più importanti per il mercato pubblicitario. In particolare da sottolineare la ripresa degli investimenti delle aziende del settore automobilistico (+34,7% nel singolo mese di luglio rispetto al 2009)”.

La terza è che gli investimenti su radio e Internet continuano a crescere con numeri a due cifre.

La quarta, pur non esplicitata direttamente nel comunicato stampa, la deduco io guardando la tabella dei dati:  gli inserzionisti italiani spendono troppo poco per l’online advertising.

Se infatti è vero che questo mercato è in crescita costante da anni, altrettanto vero è che basta metterlo a confronto con gli investimenti pubblicitari in tv per veder appassire anche un moderato ottimismo.

Provare per credere: nel periodo gennaio – luglio 2010

  • per la pubblicità in Tv sono stati spesi 2 miliardi e 800 milioni di euro;
  • per la pubblicità in Internet invece sono stati spesi 200 milioni di euro.

Traete pure le vostre conclusioni, ma non senza prima aver letto più nel dettaglio chi vince, chi perde e chi spende di più nel mercato dell’avertising italiano.

Chi vince
– Come appena accennato, sua maestà la televisione gode ancora di ottima salute segnando “una crescita del +7,7% ed una raccolta pubblicitaria superiore ai 2,8 miliardi di Euro”.

E chi paga?

“Le aziende che tra gennaio e luglio hanno maggiormente aumentato gli investimenti in tv sono quelle che operano nei settori: elettrodomestici (+35,3%), abbigliamento (+29,1%) e distribuzione (+25,1%). Considerando solo il mese di luglio le aziende automobilistiche hanno aumentato del + 48,8% gli investimenti sul piccolo schermo.”

– Radio e Internet vanno a gonfie vele, con la prima che segna un +13.3% e la seconda che si attesta su un incoraggiante +17,8%.

E chi paga?

“Sulla radio il settore più importante rimane saldamente automobili che ha generato il 24,4% degli investimenti complessivi sul mezzo, mentre gli aumenti più rilevanti sono stati fatti registrare da telecomunicazioni (+34,9%) e distribuzione (+37,2%). Su internet sono media/editoria (+60,4%), telecomunicazioni (+14,9%) e ancora automobili (+ 27,4%) a trainare la crescita.”

Chi perde
La stampa esce ancora una volta con le ossa rotte dalle rilevazioni Nielsen, come riassumono bene i dati forniti di seguito. Con la possibile eccezione dei quotidiani a pagamento, che portano a casa un modestissimo +0,3%, per tutti gli altri settori è l’ecatombe:

– Quotidiani free/paypress: -10.9%
– Periodici: -9.3

Nel complesso, la stampa italiana ha registrato un calo complessivo degli investimenti pubblicitari pari al 3.7% che, in tempi come questi, di certo non è poco.

Chi spende di più
Gli investimenti più consistenti vengono dal settore alimentare, che nei primi sette mesi dell’anno ha speso 655 milioni e 952mila euro incrementando il giro d’affari dell’8.3% rispetto allo stesso periodo del 2009. Seguono a ruota l’automobilistico (oltre 520 milioni di euro; incremento della spesa pari al 3,3%) e le telecomunicazioni (quasi 455 milioni di euro; incremento della spesa pari al 2,7%).

Per saperne di più:

– Vedi anche l’intervista: “Roberto Binaghi, presidente IAB Italia, sul futuro dell’advertising online