I think that this list is funny and useful but incomplete. What would you add?
Thanks to Simone
Internet non sta cambiando soltanto il modo in cui viene prodotta o fruita l’informazione, ma anche il modo in cui ne viene riconosciuta e premiata la qualità: gli organizzatori del Premio Pulitzer hanno infatti reso noto di aver nuovamente cambiato le regole con cui assegneranno nel 2010 il prestigioso riconoscimento, ampliando di parecchio la cerchia dei papabili tra i protagonisti dell’informazione online.
Già l’anno scorso si era provveduto a estendere l’eleggibilità al premio in tutte e quattordici le categorie esistenti anche alle testate giornalistiche presenti solo online, purché “primarily dedicated to original news reporting and coverage of ongoing events.”
Ora anche questa restrizione cade: i nuovi criteri di idoneità richiedono solo che il luogo dove viene pubblicato un contenuto sia “a text-based United States newspaper or news site”, che pubblichi contenuti almeno settimanalmente e che li produca tenendo fede agli “highest journalistic principles.”
In passato su questo blog si è documentata puntualmente la parabola della discussa (e discutibile) azienda nota come Pay-Per-Post, nota per offrire ai blogger denaro in cambio di recensioni (purché positive) su aziende, servizi, prodotti.
Più pericolosa di una metastasi, pay-per-post è l’esempio più lampante di come si sia fino ad oggi provato a comprare i blogger, e di come quest’operazione venga sistematicamente ostacolata da un sistema che tende a bilanciare se stesso (la blogosfera), espellendo o comunque spingendo ai margini coloro che tentano di barare e rischiano di minarne reputazione e credibilità.
Sono cose belle, ma mi sembra giusto anche ricordare (e documentare citando i fatti) che non c’è solo l’azienda “cattiva” che cerca di corrompere il blogger, ma anche il blogger che si trasforma in estorsore e ricatta l’azienda.
La storia in questione risale al 2005, ma se ne riparla oggi perché finalmente una giudice americana ha emesso sentenza definitiva sul caso. Sentenza che riconosce a Billy Walters, titolare della Las Vegas golf course, 9 milioni di dollari come risarcimento per compensare l’estorsione perpretata da alcuni blogger di Travel Golf Media.
Nel dettaglio, Walters aveva citato in giudizio i bloggers sostenendo che questi avevano minacciato di scrivere peste e corna dei suoi corsi di golf se egli non avesse sottoscritto un nuovo (e più costoso) contratto di advertising con Travel Golf Media.
Peggiori dell’accusa, mi sembrano le scuse avanzate al momento della denuncia da Robert Lewis di Travel Golf Media: all’epoca questi si giustificò sostenendo di aver “contenuto” le recensioni negative sull’azienda di Walters finché il contratto pubblicitario era stato in essere, salvo poi aver “sciolto le briglie” ai suoi blogger quando il rapporto commerciale tra le due aziende si era concluso. Alla faccia della serietà e della correttezza professionale.
Oggi il giudice ha dato ragione (e parecchi soldi) alla Las Vegas golf course. Ogni ulteriore commento mi sembra superfluo.
Prima di tutto, i fatti:
– Paul Krugman è professore alla Princeton University ed editorialista del New York Times;
– Paul Krugman ha vinto oggi il Premio Nobel per l’Economia;
– Paul Krugman è un blogger.
Detto questo, non lasciatevi trarre in inganno: non sto citando questa notizia per suggerire che i blogger meritino il Nobel e, con esso, rispetto e considerazione. Al contrario, sono stanco di partecipare a meeting, convegni e seminari dove sento parlare dei blogger come di una categoria, di una specie di esercito composto da milioni di soldati senza volto (magari adolescenti) uniti da un unico scopo condiviso. Scopo che, a sentire i detrattori, varia dal sovvertire l’informazione tradizionale e mandare a casa i giornalisti al demolire i brand per il puro piacere di distruggere.
E’ l’apotesi del classico “fare di tutta l’erba un fascio”, del generalizzare in luogo del voler capire. Quello stesso processo mentale che, dato l’esempio fornito dalla notizia su Krugman, qui mi autorizzerebbe a dire che i blogger sono così affidabili, preparati e competenti che uno di loro ha persino meritato il Premio Nobel.
Siamo seri. Il blog non è altro che uno strumento che consente di veicolare idee, informazioni, pensieri ma anche errori, odio e persino inutilità. La differenza, qui come altrove, la fa chi lo usa quando vi riversa dentro se stesso e le proprie conoscenze.
A questo punto il messaggio per le aziende e i loro manager mi sembra chiaro: smettela di generalizzare. Poteva funzionare 15 anni fa ma oggi la generalizzazione è un lusso che non vi potete più permettere perché la fuori, nella rete, ci sono milioni di persone, di professionisti, pensionati, disoccupati, adolescenti, casalinghe di Voghera che oggi hanno enormemente potenziato la loro capacità di comunicare grazie un blog.
Alcuni di loro hanno idee e competenze abbastanza originali e forti da emergere dalla massa. Altri vi resteranno sommersi per sempre. Tutti stanno parlando di voi, del vostro brand ed hanno imparato a pretendere un confronto diretto, un dialogo uno ad uno.
Scrollatevi di dosso i pregiudizi e attrezzatevi.
Mercoledì scorso ho partecipato ad una serata di presentazione della nuova Ford Fiesta, organizzata dalla rappresentanza italiana della casa automobilistica con l’ausilio di Promodigital e Buzz Paradise.
Scopo dell’incontro, replicato il giorno successivo a Milano e parte dell’articolato progetto di comunicazione denominato Love Factory, era coinvolgere alcuni blogger e sperimentare “prove dialogo” con la nuova Rete.
Come primo elemento degno di nota, segnalo che a fare gli onori di casa insieme a Elena Cortesi, communications & public affairs manager, c’era lo stesso presidente di Ford Italia Gaetano Thorel. L’incontro, piacevolmente informale, si è svolto in due parti: nella prima Thorel ha presentato il progetto Love Factory e l’automobile in sé, mentre nella seconda parte ha risposto alle nostre domande.
Per conto mio, non potevo che chiedere a Thorel:
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Oggi ho partecipato ad un incontro informale con alcuni rappresentanti di Mercedes Italia: l’occasione era il lancio della nuova GLK o, meglio, la presentazione dell’auto ad una piccola e variegata delegazione di “residenti nella parte abitata della Rete”.
Ad accogliere Blogger e forumisti c’erano, tra gli altri, Alessia Argento (CRM e New Media) e Mirco Scarchilli (Corporate Marketing & Press Relations). Nonostante la giornata fosse incentrata sulla prova dell nuova automobile, c’è stato tuttavia il tempo per fare una chiacchierata con entrambi: dal confronto, documentato anche in una breve video-intervista realizzata assieme all’immarcescibile Luca Sartoni, è emerso quanto segue:
– L’incontro di oggi era una prima assoluta: fino ad ora Mercedes si era limitata ad invitare blogger (e forumisti) a grandi eventi ufficiali, assimilandoli alla stampa online.
– Mercedes Italia ha recentemente avviato un programma di monitoraggio continuativo e strutturato della “conversazione online” che vede coinvolto il suo brand. Fino a poco tempo fa, l’ascolto della Rete era attività non sistematica e lasciata alla libera iniziativa dei singoli dipendenti.
– Almeno sulla carta, nell’azienda sembrano iniziare a capire due cose importanti: la prima è che internet sta cambiando gli utenti e con loro i canoni della comunicazione aziendale. La seconda è che questa rivoluzione rappresenta una possibilità e non un minaccia.
Riassumendo: Mercedes Italia ha già da tempo riconosciuto che nel web2.0 esistono interlocutori autorevoli e ha provveduto a coinvolgerli in eventi e kermesse. Da poco ha anche cominciato ad ascoltare con attenzione e puntualità le voci in rete che discutono dei suoi prodotti e del suo brand. Oggi, infine, ha voluto incontrarne una piccola (e certo incompleta) delegazione per confrontarsi Vis-a-vis.
A conti fatti, il prossimo logico passo dovrebbe essere (e sarebbe giusto fosse) scendere nell’arena della blogosfera ed aprire un presidio permanente (leggi: corporate blog).
Ci vuole solo un po’ di coraggio.
Foto: Luca Sartoni
Quella appena iniziata si preannuncia come una settimana intensa dal punto di vista delle relazioni tra aziende e blogosfera: domani a Milano Pietro Scott Jovane, amministratore delegato di Microsoft Italia fresco di nomina, incontrerà una delegazione di blogger per presentarsi nel suo nuovo ruolo e per scambiare “opinioni su diversi temi di attualità del mondo ICT”.
Il venerdì successivo, durante il primo dei tre giorni di eventi previsti per la Blogfest di Riva del Garda, l’amministratore delegato di Telecom Italia Franco Bernabé incontrerà a sua volta i blogger per una “conversazione sul futuro dell’Italia digitale”. L’evento sarà trasmesso in diretta via web su Yalp!, la web tv di Telecom Italia.
Due iniziative simili ma a mio avviso condizionate da approcci molto diversi: da un lato Jovane, che invita i suoi interlocutori in un locale per sottolineare il tono informale dell’incontro; dall’altro Bernabé, che preferisce invece sedere in un aula convegni e far moderare il confronto da un giornalista professionista (nel caso, l’ottimo Luca DE Biase).
Visto che partecipo ad entrambi gli incontri, saprò presto dirvi chi dei due AD ha scelto la formula migliore.
Per saperne di più:
Due giorni fa Repubblica scriveva un pezzo su AviatorAZ, pseudonimo con cui un anonimo steward dell’Alitalia firma da tre anni i post sul suo blog personale. (maggiori informazioni sono disponibili qui)
L’articolo metteva prima in grande risalto disservizi, guasti e difficoltà quotidianamente affrontate e documentate con tanto di foto dal blogger “volante”; poi “riorganizzava” abilmente tali testimonianze per costruire e sostenere una tesi semplice e chiara: i voli sulla nostra sventurata compagnia di bandiera non sono sicuri.
Subito è nato un botta e risposta tra il quotidiano e il blogger che, ritrovatosi suo malgrado famoso, ha preso la parola per difendere la propria azienda e smentire Repubblica: “Su quei voli ci salgo tutti i giorni anche io – ha risposto – e sono sicuri”.
Poi spiega: tutti i piccoli guai e contrattempi documentati sul blog non hanno mai compromesso la sicurezza in volo. Se sono stati raccontati online, è soprattutto per testimoniare i piccoli grandi gesti che ogni giorno il personale di una compagnia aerea deve compiere per tenere in piedi la baracca in tempo di crisi, vincendo mille piccole sfide quotidiane nel tentativo di offrire un servizio decente al cliente.
Parole che facevano veramente bene ad Alitalia e che, purtroppo, non ascolteremo più: lungi dal comprendere il senso dei post scritti da AviatorAZ e, sopratutto, bene imboccati dal “furbo” articolo di Repubblica, molti lettori (e tra loro anche vari dipendenti di AZ) hanno lasciato commenti inferociti a vari post sul blog dello steward, costringendolo infine a una più prudente ritirata strategica. Il blog ora è offline.
Peccato per la compagnia, che perde una voce critica ma leale e umana come mai ne aveva avute prima.
Peccato per Repubblica, che dimostra ancora una volta di non capire la blogosfera e – peggio ancora – di sapervi attingere solo per strumentalizzarne ai propri fini idee e contenuti. Nel caso specifico, per dare adosso ad Alitalia e, indirettamente, a quella parte politica che ancora nulla ha fatto per salvarla nonostante altisonanti promesse elettorali.
Peccato infine per AviatorAZ, che ha voluto gentilmente consegnare ai commenti di blogs4biz le sue amare parole di commiato dalla blogosfera:
“Grazie per la chiave di lettura che è stata data di quello che era il blog – scrive lo steward riferendosi al mio post di ieri – purtroppo ben pochi l’hanno vista così: la stragrande maggioranza s’è indignata invece per quello che è stato fatto vedere, fermandosi in modo miope alla semplice superficie, non capendone il senso.
Il rammarico è forte, per l’eco suscitata, per l’occasione persa a mio modo di vedere per migliorare le cose, non per renderle ancora più difficili per chi lavora in questa Azienda.
Come dice giustamente il sig. Rosati, tutto quello che si vede è assolutamente compatibile e in regola con le misure e dettàmi di sicurezza internazionali; i controlli sono incrociati e serrati. E pur volendo, non ho mai trovato qualcosa che non fosse compatibile [con gli standard di sicurezza n.d.r.]: se un aereo non è in assoluta sicurezza, resta a terra, si scende, e il coordinamento ce ne assegna un altro.
Un paragone, forse stupido: quanti di noi si mettono al volante della propria auto con “cognizione di causa”? Quanti fanno i controlli dell’olio, dell’acqua, delle gomme, dei fari e delle frecce, della chiusura delle portiere, della distribuzione di un eventuale carico a bordo, del liquido dei tergicristalli, ad ogni singolo spostamento? Immagino pochissime e rarissime mosche bianche.. bene in Alitalia questi controlli, con i dovuti paragoni, si fanno per ogni singolo volo di ogni singolo aereo in ogni singolo giorno dell’anno… e non li fa una sola persona”.
A chi poi lo accusa di aver chiuso il blog perché ha la “coscienza sporca”, AviatorAZ risponde:
“Coscienza sporca di cosa? la mia o quella di chi è responsabile degli sfaceli? e i provvedimenti nei confronti di chi dovrebbero essere presi? di chi ha consentito lo sfascio negli anni o di chi racconta cosa capita a bordo? non è spavento, o paura, ma la voglia di non continuare a porgere il fianco a questo tipo di interpretazione strumentale, questo è quello che non voglio”.
Facile immaginare che l’eco destata dall’articolo di Repubblica abbia scatenato un’immediata “caccia alle streghe” nella compagnia volta a smascherare “l’orribile delatore”, la “serpe in seno”.
Ecco: se davvero doveste trovarlo, allora dovreste dargli una promozione, un aumento, un pc e una connessione in Rete.
Ci guadagneremmo tutti.
Come molti sanno, la nostra compagnia aerea è “nelle peste”. Da anni agonizza sull’orlo della bancarotta, salvata a più riprese da interventi governativi spesso contestati dalla concorrenza e alla stessa UE.
Faccio questa premessa perché sono almeno tre d’anni che, ogni volta che ho bisogno di spiegare il corporate blogging ricorrerendo ad un paradosso, sono solito dire che farei fare un blog persino all’Alitalia.
Non è uno scherzo:
Ieri sera ho partecipato ad un incontro informale tra una buona fetta del management di Webank e alcuni blogger (compreso l’immarcescibile e affettuoso SuzukiMaruti). Un confronto schietto, allietato (e forse anche facilitato) dalla presenza di buon vino, per sostenere il quale l’azienda ha schierato nell’ordine: