Qualcosa è cambiato: è un “uomo nuovo” e inevitabilmente diverso da ciò che era solo 5 anni fa quello che oggi entra in azienda, siede al suo posto di lavoro, svolge i suo compiti. Quando varca la porta dell’ufficio, lo fa portando in dote quella abitudine alla condivisione della conoscenza che ha fatto propria frequentando la “parte abitata della rete” – come l’ha chiamata a ragione Sergio Maistrello – vivendo ogni giorno la propria esistenza digitale su social network come Facebook o Twitter, dove raccoglie, consuma, rilancia e, sempre più spesso, produce un’infinità di idee, spunti contenuti.
E dove, nel privato, impara nuovi linguaggi e nuove regole di interazione aperti e trasparenti, che nascono per essere pubblici e condivisi. Nuovi codici di comunicazione e interazione che, come suggerisce il Venture Capitalist americano Greg Horowitt, nel momento in cui entrano in azienda creano le condizioni per la nascita di «un nuovo modello business basato su un nuovo contratto sociale». Un modo diverso di fare impresa in virtù del quale, oltre che riconoscere il talento e cercare in tutti i modi di farlo emergere e sostenerlo, «è altrettanto fondamentale che tutti partecipino alla costruzione di un ecosistema in cui esso possa prosperare», lasciandosi alla spalle la competizione ad ogni costo.
Quindi ben venga in azienda il “dipendente aumentato”, che più o meno volontariamente si fa ambasciatore e protagonista dell’apertura e della libera circolazione delle informazioni come valori chiave nello sviluppo del business; quello che come rivela Derrick de Kerckhove, direttore del McLuhan Program in Culture and Technology, è «un information broker, un soggetto naturalmente predisposto allo scambio di informazioni utili agli altri». In altre parole, un «uomo diverso, abilissimo nel creare connessioni e che presto assumerà un ruolo sempre più importante nella comunicazione corporate, interna ed esterna».
Aziende B2B e social web. Un binomio che solo agli occhi meno attenti può ancora apparire improbabile e che invece, dopo lunghi anni di gestazione, nel 2011 si rivela possibile, efficace e anzi assai auspicabile. Oltre che spesso incentrato sul corporate blogging.
Di questo e di altro (compresi i “cinque stadi del dolore aziendale”) ho parlato lunedì scorso a Pordenone su invito di Unindustria (che ringrazio per l’ospitalità), durante l’ultimo di tre incontri formativi organizzati sotto il cappello Web3days e indirizzati alle aziende locali. Nella mia presentazione ho parlato della presenza e delle iniziative online di aziende “insospettabili” come Caterpillar, Shipserv, Black&Decker, Berto Salotti, Carbonelli o ancora Kinaxis e Indium. Ma ho anche aperto le danze citando tre casi storici (Kriptonite, Kensington e Dell) che come sospettavo sono stranoti agli esperti e del tutto ignoti alla maggior parte degli imprenditori italiani.
I video
La prima parte, della durata di circa 17 minuti, è dedicata ai “5 stadi del dolore aziendale” (vedere per credere) e a tre casi studio storici dove il primo, ovvero Kriptonite Locks (con rapida citazione di Kensington), serve a chiarire cosa è accaduto e accade quando un’azienda sceglie deliberatamente di ignorare la conversazione in corso in rete. Il secondo caso studio, invece, riguarda l’epopea di Dell, azienda passata dolorosamente attraverso tutti e cinque i sopracitati stadi ma che, alla fine (e dopo bel due anni), è uscita a testa alta dalla crisi. Il terzo, infine è l’arcinoto caso studio riguardante la Blendtech, i suoi incredibili frullatori e la “viralità” dei video in cui sminuzzano i prodotti più imprevedibili.
La seconda parte è dedicata in parte a casi studio B2B oriented in parte a iniziative B2C (Shipserv, Caterpillar, AZ Machine Tools, Ditre Italia, Torrefazione Carbonelli) dove si dà risalto a quanti e quali usi costruttivi si possano fare in aziende apparentemente molto poco social delle tecnologie nate nel cosiddetto web2.0. Di come ogni azienda debba e, a conti fatti, possa farle proprie e re-interpretarle per raggiungere al meglio i propri scopi.
Infine, la terza parte, di ben 22 minuti, vede terminare la carrellata di aziende cadute nella rete (si citano Kinaxis, Berto Salotti, Black&Decker, Indium), e poi accenna rapidamente al possibile futuro della comunicazione aziendale, definendo un trend che poi è la risultante di vari e autorevoli pareri da me raccolti negli ultimi tre anni di interviste (nello specifico, qui si citano Steve Rubel, Josh Bernoff e Derrick De Kerchkove). Il tema è che i siti corporate spariranno e la comunicazione aziendale sarà sempre diffusa, appannaggio di più dipendenti “empowered” dalle nuove tecnologie abilitanti.
La chiave di tutto, non è copiare la rete o anche solo prenderne a prestito le tecnologie. Il problema non è mai tecnologico. Il tema è fare uso dei nuovi strumenti per comprendere a fondo le potenzialità che essi esprimono, fare proprie le nuove dinamiche di interazione, condivisione e co-creazione che consentono, imparare a padroneggiarne i meccanismi e quindi ri-contestualizzare il complesso know-how acquisito all’interno dell’azienda. Così facendo, si rinnovano i processi esistenti, se ne creano di nuovi, si trovano e applicano soluzioni inattese.
In due parole, si innova. E poi, fatalmente, si vince sul mercato.
Altro tema che è emerso dalle ricerche fatte per mettere insieme questa presentazione è che il corporate blog, con buona pace di molti e sbrigativi “Gufi” della rete, non è morto. Se devi vendere acqua zuccherata (per citare Steve Jobs) è probabile che tu faccia bene a concentrarti su Facebook e Twitter. Ma se devi porti come thought leader nel tuo settore, se devi stabilire e condurre una conversazione con i tuoi stakeholder che sia proficua per tutti, se devi far emergere personalità, professionalità e competenza di chi lavora per te, in modo che tali qualità posizionino verso l’alto la tua azienda, allora ciò di cui hai bisogno è proprio un blog (e di tutte le aziende citate, solo due ne sono sprovviste).
Insomma, fare Businness 2 Businness significa anche (e sempre di più) saper fare del buon Blogging 2 Business.
At the beginning of February the Social Media Week took place in Rome. As partner at Info, I had the chance to organize and moderate a panel entitled “Employee 2.0 – Dalle relazioni istituzionali alle relazioni distribuite” and dealing mainly with two topics: the new relationship between empowered employees and empowered users; the opportunities and challenges this relationship rises for external and internal relations management. It’s interesting to note that – notwithstanding the not-so-popular subject – the conference rapidly sold out and that the room (which was quite big) was full.
To open the panel, we showed a short interview I pre-recorded via Skype with Josh Bernoff – senior vice president, idea development at Forrester Research, co-author of “Groundswell” and “Empowered” – who helped us to define the context of our discussion.
Here’s an excerpt of what he said:
With the power that consumers and customers have now using social media, the pressure on corporations is greater than ever before and the only way to move at the speed of your customers is to actually empower your own staff to reach out to them. […] These people are what we call HEROs. HERO is an acronym meaning Highly Empowered and Resourceful Operative: it just simply refers to an individual within a company who has an idea about how to serve customers using technology, an idea that the company want to support
And here’s the video:
The panelists where three well-known academics and two experienced managers:
Giovanni Boccia Artieri – Coordinatore del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione, Università Carlo Bo
Stefano Epifani – Docente di Tecnologie per la Comunicazione d’Impresa, Università La Sapienza
Matteo Menin – Director @ Between S.p.A, responsabile delle Attività di Consulenza Strategica legate all’area Consumer e Web
Luca Sartoni – Team Leader, Social Media and Internet Marketing, @ 123People.com
Marco Stancati – Consulente aziendale e docente di Media Planning, Università La Sapienza
Together, we tried analyze and comment the state of the art of corporate communication in Italy, spending a great part of the conversation in defining the true difficulties italian managers and employees are facing while dealing with the online revolution. Then we tried as well to envision what’s next.
Due righe per segnalare la pubblicazione domani su Nova24 (pagina 19) di un mio articolo dedicato ai “Nuovi eroi in azienda”, o meglio agli “HERO”. Un efficace acronimo creato da Josh Bernoff e Ted Schadler per definire gli “Highly Empowered and Resourceful Operative”, vale dire quei dipendenti creativi che si rivelano capaci di usare con disinvoltura le tecnologie online per servire al meglio i “nuovi clienti 2.0”.
Il pezzo è costruito intorno a più interviste: quelle con gli stessi Bernoff e Schadler, analisti Forrester e co-autori del libro “Empowered“, sommate a una interessante chiacchierata con Mark Engelsman e Michelle Brusyo di Digital Brand Expressions, i quali a loro volta spiegano come governare l’implementazione di iniziative di comunicazione 2.0 in azienda evitando di finire nel caos.
Visto che in questo momento il tema mi è particolarmente caro, ho poi pensato bene di mettere a frutto gli spunti forniti da Bernoff&co per organizzare un panel (insieme con Stefano Epifani e in qualità di partner Info) da tenersi mercoledì 9 febbraio nell’ambito della Social Media Week di Roma e intitolato (grazie al suggerimento di Antonio Pavolini) “Employee 2.0 – Dalle relazioni istituzionali alle relazioni distribuite” .
Se la cosa è di vostro interesse, fate un salto a trovarci e portatevi dietro qualche buona domanda da girare ai nostri relatori. Per avere tutte le informazioni e per registrarsi (gratuitamente) è sufficiente collegarsi alla pagina dedicata all’evento, oppure partire direttamente dal form qui sotto.
When Josh Bernoff wrote “Groundswell” together with Charlene Li, he brought to light a “spontaneous movement of people using online tools to connect, take charge of their experience, and get what they need – information, support, ideas, products, and bargaining power – from each other”.
Those people are the new “Empowered” users the company have now to deal with. But how? Where the traditional means of corporate pr are due to fail, there the answer is letting the employees embracing the social technologies and use them to reach out and solve customers’ problems.
The time has come, once and for all, to “transform your company through the employees called HEROes (highly empowered and resourceful operatives)”. A new, giant leap ahead well described by Bernoff and his co-author Ted Schadler in a new book entitled “Empowered“, where they give account of 25 case studies an dozens of examples.
I met Josh and Ted during the O’Reilly Web2.0 expo in New York and asked them a couple of questions. You can listen to their answers in the following two podcasts.
Di seguito l’intervista intitolata con Bernoff, co-autore de”L’onda anomala”, pubblicata il 25 giugno 2009 su Nova24 – IlSole24Ore
«L’onda anomala è l’insieme delle persone che grazie agli strumenti di comunicazione disponibili online si trovano, si contano, imparano a cooperare e infine collaborano per ottenere ciò di cui hanno bisogno. Il tutto senza più bisogno di ricorrere alle istituzioni tradizionali e alle aziende».
Josh Bernoff, vice president e principal analyst di Forrester Research, ha all’aria allegra. L’Italia è la seconda tappa di un tour europeo durante il quale incontrerà una lunga serie di manager, molti dei quali probabilmente già terrorizzati dalla lettura del libro “L’onda anomala – Interagire e collaborare con i consumatori ribelli”, di cui è co-autore insieme a Charlene Li.