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The Kindle Fire, its cloud-enabled Silk browser and what they mean to your privacy

Yesterday I had a long chat with Marshall Sponder, independent Web Analytics, SEO/SEM specialist working in the field of market research, social media, networking and PR and blogger at WebmetricsGuru.com. Part of the talking was held in front of a public of professionals attending this event, during which we talked about the main topics in his latest book entitled “Social Media Analytics“.

The rest of the chat took place during the break, when we where outside standing in a sunny and warm roman afternoon. That’s when he told me something I was almost missing about the new Kindle Fire: thanks to its Silk browser and its deep integration with the Cloud, Amazon will know everything about where the users are going online with its new tablet. Which sites they visit, how many times they visit them, for how long, what are they looking for and so on: every single information will be traceable and could be aggregated, analyzed and then used to be eventually changed into money (yes, they’re really good at it).

If the Kindle Fire is going to sell well (and many seem to think it definitely will), soon Amazon will have in place another unbelievably efficient tool to retrieve a huge amount of data on users behaviors, habits and interests. And it will be the only one to gather such a treasure. I don’t know what you think, but I’m quite sure they’re gonna make good business out of that.

Of course, (or shall I say hopefully?), those data bill be aggregated anonymously and users privacy won’t be in danger. But at the same time there no doubt this cloud-enabled browsing is just another eye on our everyday life – quite like the new Facebook Timeline – and that in these days of “Publicy” the idea itself of privacy seems to be slowly fading away.

And if it will, there’s no turning back.

Interview with MG Siegler (Techcrunch) on journalism, professional blogging and Wikileaks disruptive effects

While in Paris for LeWeb, I had the chance to interview MG Siegler, who is a writer for the technology blog Techcrunch where he covers the web, mobile, social, big companies, small companies and much more.

The audio interview is divided into two parts: in the first one, he talks about his job as a hitech blogger at Techcrunch and how challenging is to create meaningful contents in the real-time web era.

In the second part I ask him what he thinks about Wikileaks and the way big players like Amazon or PayPal got rid of Julian Assange’s web site, rising a simple but vital question:

Who does really own (and so control) the Internet?

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Di Amazon.it, Amazon Prime e Lettera43

Oggi ho inaugurato la mia collaborazione con Lettera43 pubblicando un articolo su Amazon.it dove – seguendo gli ottimi suggerimenti di Brad Stone su Business Week – ho provato a focalizzare l’attenzione sul reale valore di un servizio come Amazon Prime e sull’impatto che esso può avere sul mercato italiano dell’e-commerce.

E alla fine «habemus Amazon». Dopo 15 anni di attività, il colosso statunitense delle vendite online è sbarcato da appena una settimana nella nostra penisola. E già promette di aprire a un mercato italiano ancora acerbo ma, forse in virtù di questa sua stessa “giovinezza”, potenzialmente capace di grande crescita.

Una piccola rivoluzione e forse anche un sollievo per quel numero sempre crescente di nostri connazionali che, per ben 3 lustri,  hanno dovuto superare barriere linguistiche e geografiche pur di acquistare sul sito del negozio online più grande del mondo. O meglio, sulle sue “localizzazioni” in altre nazioni come gli stessi Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia.

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WebTV – La guerra nel salotto

Forse non ve ne siete accorti, ma nel vostro soggiorno è in corso una guerra: uno scontro fra titani che vede contrapporsi aziende del calibro di Google, Apple, Sony, Samsung e persino Amazon, il negozio online più grande al mondo.

Oggetto del contendere è la preziosa attenzione dei telespettatori, da bombardare con il solito, onnipresente advertising. E la posta in gioco è altissima, considerato che il mercato pubblicitario televisivo globale vale 180 miliardi di sonanti dollaroni.

webtvL’obiettivo ambizioso è riuscire a portare sul vostro televisore HD nuovo fiammante il mare magnum di contenuti video presenti in rete, renderli fruibili attraverso un semplice telecomando e – ovviamente – erodere consistenti fette di mercato a media tradizionali.

Ci hanno già provato, ma senza successo: negli ultimi dieci anni abbiamo visto nascere e morire diversi progetti per rendere Internet fruibile dalla tv. Oggi però le condizioni sono diverse: nelle case ci sono banda larga, copertura wi-fi e televisori digitali hd, mentre la rete è ricolma dei contenuti video più diversi, ospitati o aggregati da piattaforme e servizi come YouTube, Vimeo, Hulu, Blip.tv o Boxee. Abbondano anche i set top box, ovvero le scatoline che fanno da tramite tra televisore e web, affiancati da console con funzionalità simili come PS3 e Xbox.

I tempi sembrano insomma maturi affinché il web sbarchi nel televisore, come conferma l’ormai prossima discesa in campo di Google con la sua “Google tv”, e la sfida diretta che essa rappresenta per la Apple TV. Sfida interessante perché culmina nel confronto tra due filosofie opposte: la soluzione completamente chiusa e strettamente controllata proposta dall’azienda con la mela, contro il modello completamente aperto proposto da Google.

Vedremo come andrà a finire. Intanto vale la pena citare Jack Schofield, secondo il quale sarebbe la scelta del terreno di battaglia a essere sbagliata: in un mondo dove abbondano gli strumenti per la fruizione dei contenuti video (computer, smartphone, tablet, ecc.), gli utenti sono ormai abituati a vedere ciò che vogliono quando e dove più gli aggrada. Il salotto ha insomma perso quella centralità che aveva guadagnato negli anni ’50 e, proprio per questo, la sua conquista potrebbe non essere così determinante.

Photo: Ehavir

NOTA: questo post doveva essere il secondo box a integrazione del pezzo intitolato “La Tv fa Blip”, intervista con la co-fondatrice di Blip.Tv Dina Kaplan pubblicata oggi su L’Espresso (in Tecnologia, pg. 122-124). Dal momento che è rimasto fuori per ragioni di spazio, lo ripropongo qui.

Il futuro visto attraverso Twitter

Predire il futuro usando Twitter. Non solo una prospettiva affascinante, ma anche e soprattutto una realtà divenuta tangibile grazie alla recente sperimentazione condotta dal Social Computing Lab di HP a Palo Alto. Un gruppo di ricercatori ha infatti mostrato come sia possibile prevedere con buona accuratezza l’andamento di un film al box office semplicemente monitorando Twitter e, più precisamente, il rate con cui una pellicola viene menzionata dai suoi milioni di user. Previsione che aumenta notevolmente in precisione se poi all’analisi quantitativa si aggiunge una valutazione del “sentiment” di ogni singolo tweet.

L’esperimento realizzato dai ricercatori del Social Computing Lab ricorda in qualche modo quanto viene già fatto con cosiddetti “mercati predittivi” e in particolare con l’Hollywood Stock Exchange, nato appunto per prevedere l’andamento al box office degli ultimi titoli hollywoodiani. Come spiegava qualche tempo fa Davide Bennato in occasione del secondo Romecamp, i predictive markets “sono una tecnica che sfrutta una serie di applicazioni Internet progettate per sfruttare l’intelligenza collettiva degli internauti al fine prevedere il futuro di alcuni eventi”.

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E-book, i retailer francesi si coalizzano contro Amazon&Co

I cinque principali bookseller francesi chiamano a raccolta il governo e gli editori per costruire insieme una piattaforma digitale specializzata nella vendita di e-book. Scopo del progetto è resistere all’avanzata di colossi come Google, Apple e soprattutto Amazon e, quindi, mantenere in casa il controllo di un mercato in piena esplosione.

Lo riporta la Reuters che, oltre a indicare Fnac e Virgin Megastore tra i sottoscrittori della proposta, registra anche un certo scetticismo con cui questa è stata accolta da Francis Lang, direttore delle vendite per Hachette Livre. Secondo Lang, una piattaforma francese per la vendita degli e-book gestita in comune da editori e distributori non funzionerebbe perché, attualmente, gli interessi delle due parti in causa non coincidono:

Creating a governance structure where everyone is around the table but their interests are opposed is the best way for this not to go anywhere.

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Amazon Video on Demand

Oggi Amazon lancia negli Stati Uniti un servizio nuovo di zecca per la vendita on line di “TV shows and movies”, nome in codice Amazon Video on Demand (AVD).

La novità principale del video store, nonché la differenza più importante con concorrenti come il blasonato iTunes store, sta nel fatto che film e programmi tv acquistati su AVD sono fruibili immediatamente via streaming, quasi si trattasse di una tv via cavo; all’attacco pratico, l’utente non deve attendere di scaricare il “prodotto” sul proprio computer per poterlo visionare.

Come riportato da New York Times, Amazon ha anche stretto un accordo con Sony in virtù del quale presto il nuovo servizio sarà fruibile direttamente sui televisori ad alta risoluzione della serie Bravia.

Infine, il lancio di AVD prevede una breve sperimentazione rivolta ad un pubblico ristretto, seguita a breve dall’apertura ad un’audience più ampio che potrà così fruire gli oltre 40 mila titoli (tra film e programmi tv) disponibili in catalogo a prezzi variabili.